Ma dove vuole andare il Pd? Sui temi caldi sta andando a sbattere contro il muro, per evitarlo- e vale anche per il cosiddetto campo largo - basterebbe consultare i sondaggi. Perché sui problemi veri c’è una distanza enorme rispetto alla società reale.
Sicurezza? Stanno altrove, dalle parti di New York. Giustizia? Stanno sul campo opposto a quello dei cittadini. Su quest’ultimo terreno fa fede l’ultimo sondaggio di Alessandra Ghisleri pubblicato da La Stampa. Che spiega anche la svolta che si intuisce dalle ultime dichiarazioni di Giuseppe Conte.
Parlano i numeri: il sì sulla giustizia supera il nodi dieci punti. E se si limita l’analisi ai voti validi il divario sarebbe 57% contro 43%. La differenza di dieci punti tra gli italiani che vogliono votare sì (38,9%) e no (28,9%) è attualmente mediata dagli indecisi. Il 78.8% degli elettori dei partiti di maggioranza si dice pronto a confermare la riforma, mentre tra le opposizioni il 60,8% voterebbe per il “No”.
Roba da infarto a sinistra. In pratica l’opposizione al governo guidato da Giorgia Meloni si trova davanti all’ennesimo ostacolo insormontabile. Sulla riforma della giustizia le forze di centrosinistra hanno cominciato una vera e propria battaglia politica. Ma gli italiani sembrano appunto intenzionati a confermare gli obiettivi del governo.
Ancora più distanti dai cittadini si manifestano quelli del campo largo sul tema della sicurezza. Nel momento in cui il popolo italiano è sempre più preoccupato per quanto accade a causa di una criminalità sempre più tracotante e a un’immigrazione clandestina sempre più difficile da contrastare, a sinistra inseguono il modello proposto dal sindaco islamico della Grande Mela. Mica Rudolph Giuliani, ovviamente... e Conte vorrebbe fare altro. Ma tutto questo non sembra frenare la straordinaria corsa di Pd e compagni alla sconfitta da incidere sulle loro insegne. Non avendo più leader spendibili per contrastare il centrodestra, tentano di reclutare - almeno nominativamente - il cosiddetto Papa straniero per attrarre voti in Patria. Salvo poi litigare di nuovo sul nome prescelto.
Tutto questo accade perché le forze di minoranza paiono incapaci di dotarsi di una strategia utile, ad esempio, ad attrarre consensi dal popolo degli astenuti. Ma ergersi a difesa della casta della magistratura o come fotocopie del modello d’oltreoceano, non sembra esattamente la ricetta giusta per conquistare voti tra gli arrabbiati che disertano le urne. È anche vero, comunque, che almeno per il referendum sulla giustizia c’è da aspettare i dibattiti tv, la mobilitazione dei partiti, come sarà spiegato il quesito che sarà proposto agli elettori. Gli indecisi sono ancora numerosi e i sostenitori delle due, opposte, risposte, dovranno comunque faticare per trovare gli argomenti più convincenti. Per ora, il campo largo si è esercitato nel denunciare la sottoposizione dei pm al potere esecutivo, che non sta scritto in nessun articolo della legge costituzionale sottoposta a referendum. Non esattamente un bel modo per chiarire le idee a chi andrà a votare.
Ed è ancora scarso il dibattito su quella che sarà l’autentica novità della riforma, introdotta con l’istituzione dell’alta corte di giustizia. Sarà il luogo destinato a giudicare sugli errori della magistratura, tema davvero sensibile su cui la sinistra rischia di andare in crisi, perla difesa ideologica che fa delle toghe. Non si trova neanche un italiano, in giro, disposto più a passare sopra la mancata responsabilizzazione della magistratura. Il chi sbaglia paga per ora non riguarda loro.