La scorta a cinque stelle di Roberto Fico potrebbe finire presto davanti alla Corte dei conti della Campania. Severino Nappi, capogruppo regionale della Lega e “cecchino” quasi infallibile su sprechi e malversazioni politiche (sue le denunce che hanno portato sotto inchiesta Vincenzo De Luca per lo scandalo dei vigili diventati super dirigenti), dopo aver letto lo scoop di Libero sulla tutela mista da 100mila euro, ha deciso di prendere carta e penna e scrivere ai guardiani dei conti pubblici. «La scorta per motivi di sicurezza è una necessità», spiega a Libero. «Esiste, tuttavia, una ragione di opportunità e, allo stesso tempo, di continenza e di contemperanza nell’uso oculato delle risorse pubbliche, ragioni che, riteniamo, dovrebbero far valere e far prevalere, in particolare, coloro che hanno ricoperto un prestigiosissimo incarico istituzionale».
Aggiunge Nappi: «Perché Fico, pur risiedendo stabilmente a Napoli da anni, ha voluto continuare a usufruire della scorta che gli era stata assegnata a Roma dagli Uffici capitolini, con i conseguenti aggravi economici in termini di trasferte, di alloggio in albergo, e di stress fisico e psicofisico inevitabilmente subìto dai numerosi poliziotti impegnati?». Già, perché? E perché su questa vicenda non ha voluto commentare o spiegare, come pure ha fatto con la storia della barca “Paprika”, ormeggiata a Procida e finita nel mirino di Fratelli d’Italia per un presunto attracco abusivo a Nisida? Sulla scorta, invece, Fico è più muto di Buster Keaton in un film muto. Come abbiamo raccontato nei giorni scorsi, il pentastellato ha beneficiato, fino agli inizi di novembre, per 18 mesi, di una tutela “ibrida” in palese violazione delle disposizioni e dei protocolli dell’Ucis, l’organismo ministeriale che si occupa della organizzazione dei dispositivi di sicurezza istituzionali.
Due agenti – uno da Roma, proveniente dall’Ispettorato di Montecitorio, e uno campano relegato al volante – lo hanno seguito, passo passo, quando il grillino arrivava a Napoli, dove ha la residenza. Con il risultato di far lievitare i costi di giorno in giorno fino a raggiungere il budget stabile di 6mila euro al mese, per un totale stimato di 100mila euro evaporati tra spese che si potevano tranquillamente evitare: e cioè, a parte straordinari e indennità, gli esborsi per il trasferimento in treno dalla Capitale al capoluogo campano, per i pasti e i pernottamenti in albergo del poliziotto di Roma che doveva vegliare su di lui. E non finisce qui. In alcuni casi, uno dei “pretoriani romani” avrebbe volato accanto a Fico su tratte di linea. Con pistola al seguito, se autorizzato dalla compagnia. Altrimenti il passeggero grillino decollava da solo e ritrovava la scorta all’atterraggio. Come se la minaccia fosse intermittente, variabile a seconda della società aerea. Nel frattempo, l’agente partenopeo si sorbiva viaggi notturni per riconsegnare l’auto in Questura. In un’occasione, ha dovuto affrontare da solo un guasto in autostrada. Senza collega. Senza supporto.
«Ritengo doveroso che su questo indaghi la Corte dei Conti cui trasmetterò apposita comunicazione perché il rispetto delle regole vale per tutti, a partire da quelli che pretendono di rivestire funzioni istituzionali», ha aggiunto Nappi. Per poi concludere: «Fico, che raccontava di voler cancellare la casta, ne è diventato l’esempio più lampante. Fico, che diceva di voler aprire la scatoletta di tonno, in realtà l’ha mangiata». La cosa che desta perplessità è che non ci sarebbe stato alcun allarme specifico per disporre un dispositivo di sicurezza del genere, come dimostra il fatto che l’auto del grillino non era blindata. Com’è stato possibile, allora, che Fico ne abbia beneficiato per un anno e mezzo? Chi lo ha autorizzato? Era solo una semplice prassi? Difficile crederlo: nessun altro ex presidente della Camera, con il medesimo livello di rischio, ha ricevuto un trattamento simile.
Vuoi vedere che Fico è alla frutta?