Per quanto abbia trascorso una vita raccontando la politica, prima ancora di analizzarla o commentarla con direttori anche di una certa esigenza, diciamo così, come Indro Montanelli, che era di una curiosità insaziabile, sto provando autentiche vertigini nella lettura del fumettone levatosi sulle “chiacchiere” ammesse da un consigliere del presidente della Repubblica -Francesco Saverio Garofani- a tavola con amici, registrate e pervenute dopo qualche giorno alle redazioni con posta elettronica, su tutto ciò che ne è seguito.
Fra tutte le fantasiose ricostruzioni e letture dell’accaduto manca ormai solo l’estrema, chiamiamola così. Che potrebbe essere quella di un’operazione che avrebbe sorpreso per finta Mattarella, in verità interessato a far sapere all’esterno la sofferenza con la quale convive istituzionalmente con una presidente del Consiglio quanto meno scomoda. E messasi per giunta in testa di succedergli fra quattro anni al Quirinale rompendo un doppio cristallo, umano e politico: la prima donna al vertice dello Stato e la prima leader dichiaratamente, orgogliosamente di destra.
In attesa di questo retroscena estremo, ripeto, una delle prime firme del Corriere della Sera, Monica Guerzoni, dal cognome a me caro del compianto portavoce dell’ancor più compianto Aldo Moro, ha voluto fornire ai lettori, pur nell’onesto sospetto di un’immersione nella “fantapolitica”, l’ipotesi - testuale - che «dietro lo scontro su Garofani possa esserci il “duello” tra Meloni e Crosetto». Cioè tra la presidente del Consiglio e il ministro della Difesa, a dispetto della foto storica di un’ancor più giovane e già promettente Meloni sollevata fra le braccia di un Crosetto colossale come il King Kong cinematografico.
«Entrambi - ha scritto, spiegato e quant’altro Monica, che chiamo per nome con spirito paterno per età e colleganza professionale - hanno chance di approdare al Quirinale. La prima ci arriverebbe sull’onda dei voti di un centrodestra vittorioso alle politiche del 2027, mentre il secondo potrebbe salire al Colle grazie ai suffragi di un buon fronte bipartisan». Sul quale Crosetto- cerco di spiegare meglio anch’io seguendo Monica nella volata - potrebbe contare per essersi trovato in questi giorni di guerre vere e permanenti più in sintonia col capo dello Stato, che è anche- non dimentichiamolo - capo delle Forze Armate, oltre che presidente del Consiglio Superiore della Magistratura in edizione ancora unica. Per simpatia, diciamo così, attrazione magnetica e spirito di continuità, pur divisa sul fronte internazionale, vanificando così ulteriormente la prospettiva di un’alternativa al governo di centrodestra, la sinistra fra quattro anni dalla posizione confermata di opposizione potrebbe quanto meno ingoiare il rospo di Crosetto al Quirinale e continuare a osteggiare la Meloni a Palazzo Chigi.
Che cosa c’entri esattamente una ipotesi del genere con tutto l’ambaradam della cena galeotta del consigliere di Mattarella in un ristorante terrazzato di Roma con vista su Piazza Navona, della registrazione delle sue parole mandate in onda per internet sulla situazione politica, e di un piano, complotto o quant’altro per contenerla o cambiarla, si stenta un po’ a capire. Anche da parte di chi, ripeto, è alquanto abituato alla cronaca politica e ai suoi dintorni e contorni. Ma fa curiosità lo stesso. Luccica più o meno a intermittenza e prenota il suo posto, a poco più di un mese dalle feste di fine anno, sugli alberi natalizi.
Visto che ho già ricordato Moro scrivendo del suo portavoce, mi sovviene anche lo sfogo ch’egli fece pure contro di me e il comune amico Guido Quaranta, sfuggiti al controllo della scorta sul lungomare di Terracina nell’estate del 1968, per la troppa fantasia con la quale i giornali ritenevano di interpretare e anticipare le sue reazioni dopo essere stato rimosso dalla Presidenza del Consiglio dai suoi colleghi di partito smaniosi di sostituirlo per offrire ai socialisti di Francesco De Martino un’edizione «più coraggiosa e incisiva» del centro-sinistra, ancora col trattino.