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Il doppiopesismo della sinistra: comprensione per i maranza, spietatezza per i carabinieri

Il caso Ramy continua a mostrare il lato peggiore dei "progressisti" italiani
di Daniele Capezzone martedì 25 novembre 2025

3' di lettura

Avere pietà dei morti, di tutti i morti, è sempre doveroso. Ma arrivare quasi a celebrarne le gesta anche quando da vivi- si resero responsabili di comportamenti sbagliati è un tragico errore. Il tragico errore di cui parliamo si è manifestato ieri a Milano, in occasione del primo anniversario della morte di Ramy Elgaml.

Vale la pena di ricordare che, per quella triste vicenda, sono tuttora sotto indagine un carabiniere per concorso di colpa in omicidio stradale e altri quattro per depistaggio, con la pubblica accusa che, non accontentandosi di due perizie, ne ha sollecitata (per ora vanamente) una terza.

Con tutto il rispetto per chi non c’è più, è paradossale che tutto il racconto mediatico avvenga sempre dalla parte di Ramy, e quasi mai si faccia invece lo sforzo di cambiare prospettiva, mettendosi nei panni dei carabinieri. Proviamo a farlo qui, a un anno di distanza.

Primo: perché i due ragazzi in scooter, cioè Ramy e il suo amico, non si sono fermati al posto di blocco? E cos’avrebbero dovuto fare gli agenti se non tentare di raggiungerli, a quel punto?
Secondo: non è stata un’iniziativa dei carabinieri, ma dei fuggiaschi, quella di correre all’impazzata – contromano e in spregio di qualunque regola – per le vie di Milano, mettendo a rischio la vita propria e altrui. E di nuovo: cos’avrebbero dovuto fare i carabinieri se non inseguire i due fuggitivi?

Tutti i video che abbiamo avuto sotto gli occhi in questi mesi mostrano inequivocabilmente come i due ragazzi in scooter stessero prendendo (e procurando) rischi enormi. Terzo: è stato uno dei carabinieri poi indagati, in collegamento con un medico del 118, a tentare di praticare il massaggio cardiaco al ragazzo che sarebbe morto di lì a poco. A testimonianza della lealtà ammirevole dei nostri uomini in divisa: che hanno fatto il possibile per prendere i fuggitivi, ma hanno tentato addirittura l’impossibile per salvare il ferito. Quarto: le perizie e le versioni sull’effettiva dinamica della caduta finale, quella rivelatasi fatale per Ramy, lasciano un margine di incertezza.

Par di capire che non ci sia stato un impatto tra lo scooter e un’auto dei carabinieri. Ma la giurisprudenza insegna che in questi casi anche un eventuale impatto non necessariamente configuri una responsabilità a carico delle forze dell’ordine nel corso di un inseguimento. Anzi: in generale, può benissimo darsi che, nonostante l’impatto, un inseguimento sia stato compiuto a regola d’arte. Anche se - quest’anno - abbiamo visto e sentito chiunque dare lezioni su come debba essere condotto un inseguimento. Quinto: resta inaccettabile il fatto che, nei giorni successivi all’incidente, un quartiere sia stato messo a ferro e fuoco dai maranza, con fuochi e aggressioni contro i poliziotti e un inaccettabile atteggiamento di giustificazione e minimizzazione da parte della sinistra. La triste verità è che la sinistra politica e mediatica ha praticato un clamoroso doppio standard: comprensione ed empatia per i maranza, e invece gelo e spietatezza verso le forze dell’ordine. Peggio: per lunghi mesi, non è mancato il solito coretto stonato di chi ha già processato e condannato gli agenti, di chi ha dimenticato ogni presunzione di innocenza, di chi non sa distinguere tra coloro che forzano un posto di blocco e coloro che – in divisa – difendono la nostra sicurezza. anni © RIPRODUZIONE RISERVATA.

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