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Se si vota con questa legge si rischia che non vinca nessuno

di Fausto Carioti mercoledì 26 novembre 2025

3' di lettura

La vittoria in Puglia e Campania fa dire alla sinistra e ai suoi giornali che la sconfitta del centrodestra è cosa fatta. Elly Schlein ripete che la volontà della maggioranza di cambiare le regole del voto «parte dalla paura di perdere, perché hanno capito che con questa legge elettorale noi, avendo riunito questa coalizione progressista, vinceremmo le elezioni politiche». Le cose non stanno così e lo sa pure la segretaria del Pd.

La bilancia pende ancora dalla parte del centrodestra, una vittoria del “campo largo” oggi è assai improbabile, ma cresce il rischio di un voto senza veri vincitori, che produrrebbe un governicchio instabile o un “inciucio” tra partiti dei due schieramenti opposti. È il motivo per cui il centrodestra pensa a una legge che metta il vincitore in condizione di guidare un governo stabile. Un premio di maggioranza come quello previsto per il voto nelle regioni, dice il capogruppo di Fdi in Senato, Lucio Malan, «è una delle ipotesi allo studio».

L’analisi più accurata su cosa accadrebbe se si votasse con la legge in vigore l’ha pubblicata ieri l’Istituto Cattaneo di Bologna, diretto da Salvatore Vassallo. Col sistema attuale, 245 seggi della Camera sono assegnati tramite criterio proporzionale in collegi plurinominali (in ognuno si scelgono dai 3 agli 8 deputati). Altri 147 sono decisi in altrettanti collegi uninominali (vince uno solo, quello che prende più voti).

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A fare la differenza sono questi ultimi. Nel 2022 il centrodestra, grazie alle divisioni degli avversari, ne conquistò 121, l’82%, lasciandone 13 al centrosinistra e 10 al M5S. Un vantaggio di 98 seggi: l’ampia maggioranza che sostiene il governo Meloni nacque così.

Da allora, però, le cose sono cambiate. Poco nelle intenzioni di voto degli italiani, molto a sinistra, dove l’accordo elettorale tra Pd, Avs, Italia Viva e M5S sembra reggere. Lo studio dell’Istituto Cattaneo stima cosa accadrebbe nei collegi uninominali, dove ancora una volta si deciderebbe l’esito della sfida, «se il sistema elettorale rimanesse invariato e le performance del centrodestra e del centrosinistra allargato al M5S fossero simili a quelle registrate nel ciclo delle elezioni regionali svolte dal 2022 ad oggi». Un’analisi che copre l’intero territorio nazionale, dunque, e molte votazioni in cui Pd e M5S hanno già presentato candidati comuni. «Nel Nord e nel Centro», spiega la ricerca, «con l’eccezione dei grandi centri urbani, il vantaggio del centrodestra rimane solido» anche di fronte a un avversario unito.

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Nell’ex zona rossa dell’Appennino tosco-emiliano e nel Mezzogiorno, invece, l’opposizione ha «un notevole margine di recupero». In numeri, significa che «il centrodestra continua ad avere buone probabilità di rivincere le elezioni politiche», ma il suo vantaggio nei collegi uninominali scenderebbe da 98 seggi a circa 34. «Con l’eventualità che si riduca ulteriormente o venga di poco ribaltato», avvertono gli autori, se nei collegi più incerti alcune cose dovessero mettersi male per lo schieramento.

L’esito del voto è quindi «potenzialmente indeterminato» e potrebbe condurre alla formazione di governi «sostenuti da un’esile maggioranza» o addirittura di un governo «sostenuto da partiti appartenenti a entrambe le coalizioni». L’alternativa, conclude l’analisi, è affidarsi a «un sistema elettorale simile a quello che ha consentito ad entrambe le coalizioni di celebrare vittorie e sconfitte nette nel ciclo delle elezioni regionali che si è appena concluso».

Come nelle regioni, il premio di maggioranza assegnerebbe a chi prende più voti il 55 o il 60% dei seggi, e dunque la possibilità di governare senza temere ribaltoni. Regole che, applicate oggi, favorirebbero il centrodestra, che nella media dei sondaggi ha il 48,9% dei voti, contro il 44,7% del campo largo. Ma si voterà nel 2027 e un recupero di Schlein e compagni è possibile: in quel caso avrebbero una vittoria piena, che col sistema attuale è un miraggio.

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Un gruppo formato da Donzelli di Fdi, dai forzisti Benigni e Battilocchio e dai leghisti Calderoli e Paganella lavorerà alla bozza che poi, ottenuto il via libera dei leader, sarà proposta all’opposizione. «Il rischio che nessuno abbia la maggioranza alle prossime elezioni esiste eccome», commenta Giovanni Donzelli. «Loro ne sarebbero felici, perché sarebbero prontissimi a fare un governo con tutti dentro, noi no. Noi vogliamo che chiunque vinca possa governare per cinque anni».

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