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De Raho non ha scelta: deve andarsene

di Mario Sechi lunedì 1 dicembre 2025

2' di lettura

Il caso Striano è stato messo sotto il tappeto dalla stampa e le ragioni sono evidenti: ha svelato l’esistenza di una “fabbrica” di notizie che passavano dalle istituzioni (un ufficio della Direzione nazionale antimafia con accesso alle banche dati riservate dello Stato) ai giornali di sinistra; ha messo in luce che ci sono apparati che lavorano contro il governo Meloni fin dalla sua formazione; ha confermato che una parte della magistratura e dell’alta burocrazia sono ideologicamente ostili al centrodestra; chiama il Parlamento a dare una risposta alla situazione a dir poco imbarazzante in cui si trova l’onorevole Federico Cafiero De Raho che ha almeno tre parti in commedia: ex procuratore nazionale Antimafia (che girava alle procure le segnalazioni di Striano sui finanziamenti della Lega, un gigantesco flop investigativo); parlamentare del Movimento Cinque Stelle e membro della Commissione Antimafia (che indaga sul dossieraggio che avveniva mentre al comando c’era De Raho); ex magistrato che viene convocato dal procuratore di Perugia Raffaele Cantone (che guida l’indagine su Striano) a rispondere ad alcune domande come persona informata dei fatti.

È qui che le tre parti di De Raho vanno in cortocircuito e esplodono, quando ammette candidamente di fronte a Cantone di conoscere già gli atti su cui il procuratore gli fa la domanda, perché li ha letti in Commissione Antimafia. Sa tutto in anticipo. De Raho è in una posizione istituzionale insostenibile, dovrebbe lasciare l’Antimafia. Il suo personaggio da porte girevoli è un problema politico serio per il Parlamento e per la Giustizia, visto che le indagini, gli interrogatori (e attenzione, l’accesso agli atti), le fasi dell’intero processo, devono essere uguali per tutti. E qui abbiamo la prova che così non è.

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federico cafiero de raho
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