Sull’Ucraina, «la Lega ha sempre votato per l’invio di armi, noi no». Sulla sicurezza: «Io sottoscrivo ogni iniziativa contro la violenza e le aggressioni alla polizia». Piuttosto, «bisogna fare di più». Sull’immigrazione: «Guardate che tutti i migranti sbarcati in Italia che scapperanno in altri Paesi, saranno imputati all'Italia, la Germania ha ottenuto questo. Quando ero premier io, la Merkel me lo chiedeva sempre e io le ho sempre risposto: “Angela, non-se-ne-par-la”». Sul Covid: «Sappiate che il green pass e l’obbligo vaccinale over 50 è stato introdotto da Draghi non da me». Quanto al “patriottismo”, patriottico è aver portato in Italia i miliardi del Pnrr, non andare a Washington «a promettere di acquistare gas liquido e armi».
Più sovranista, patriottico e securitario di Meloni, più severo nei confronti dell’immigrazione irregolare di Salvini. È un Giuseppe Conte suadente e abilissimo, quello che arriva nella tana dell’avversario, la festa di Atreju, godendosi il posto d’onore (è intervistato da solo) nel giorno dedicato alle opposizioni: prima di lui c’era stato Matteo Renzi, ma in un panel con altri quattro esponenti di maggioranza, dopo Conte è arrivato Carlo Calenda, ma con altri tre. Il convitato di pietra, ovviamente, è Elly Schlein che ha rifiutato l’invito, non ottenendo la condizione di confrontarsi con Giorgia Meloni. Risultato, Conte si prende il posto più importante tra quelli riservati all’opposizione. E se lo prende come sa fare lui. Seducendo, smussando, provando a parlare la lingua dell’avversario. Certo, si prende anche i fischi. Ma risponde con un sorriso conquistatore. E dopo il dibattito non se ne va, ma fa il giro del villaggio natalizio, stand, pista del ghiaccio, scortato dal plenipotenziario Giovanni Donzelli, dispensando complimenti e non lesinando selfie ai fan di Meloni che li chiedono.
Riguardo alla legge elettorale e alla indicazione sulla scheda del candidato premier, prende tempo. «Vediamo la proposta formale, ma il problema non è indicare il premier, quanto che una volta al governo non fai il contrario di quello che avevi promesso». Sulla stabilità dei governi, replica attaccando agenzie di rating e governi tecnici: se la stabilità si ottiene obbedendo a loro, meglio di no. Sul Superbonus attacca Giancarlo Giorgetti: «Chiedete a lui, c’era lui allo Sviluppo economico». Tornando al Pd, «noi siamo disponibili a dialogare con Pd e con le altre forze riformiste», ma l’alleanza «dipenderà dai programmi: se ci saranno scritte le nostre battaglie di sempre, etica pubblica, giustizia sociale, ambiente allora sì». Si passa all’Albania: «Lo dico a Meloni quei centri non fun -zio -na- no». Racconta che in un Consiglio europeo Merkel e Macron gli proposero di fare dei centri europei, gestiti da funzionari europei e con soldi europei, in Italia, Grecia, Malta per smistare gli immigrati irregolari. Lui rispose proponendo di farli «in tutti i Paesi che affacciano sul Mediterraneo, compresa la Francia. Questa proposta è sparita dal tavolo». Prima di lui era toccato a Matteo Renzi che, intervistato da Bruno Vespa, insieme a Elisabetta Casellati, Roberto Calderoli, il ministro Paolo Zangrillo e Fabio Rampelli, aveva provocato scintille sul premierato. «Se mi votate la revoca da parte del premier dei ministri, io lo voto», aveva detto. Casellati aveva risposto di non aver mai visto un emendamento di questo tipo da Italia Viva. Renzi, scovato l’emendamento, lo cita. Alla fine devono intervenire sul palco Donzelli e Crosetto per calmare gli animi. Dietro al palco, intanto, c’è Conte. Pronto a prendersi la scena.