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Hannoun, ora la destra presenta il conto a Pd e M5s: cosa sta per succedere

martedì 30 dicembre 2025

4' di lettura

Elly Schlein preferisce parlare d’altro. Fa uscire una nota per ribadire che il governo vuole mettere sotto controllo la Corte dei conti e la magistratura intera. Idem Giuseppe Conte, che sui social network invita a votare No al referendum sulla giustizia. Riciclano quello che hanno detto mille volte perché vogliono tenersi lontani dalla grande questione politica esplosa sabato, innescata dall’arresto di Mohammad Hannoun e dallo svelamento dei suoi traffici con i terroristi palestinesi. Sopire e troncare, però, stavolta non sarà facile.

Il centrodestra ha intenzione di andare a fondo. C’è da regolare i conti con chi ha trascorso gli ultimi due anni ad accusare governo e maggioranza di «complicità nel genocidio». Il giorno dopo la cattura del «vertice della cellula italiana» di Hamas appare chiaro che i legami che l’opposizione aveva costruito con lui erano robusti.

C’è un nuovo fronte d’inchiesta, anche politico, che la maggioranza ora vuole esplorare. Così Sara Kelany, deputata di Fdi, chiede a Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno, «di venire a riferire in parlamento i contorni di questa indagine». A fare scattare la minoranza in aula è però il suo collega di partito, Giovanni Donzelli. Durante le votazioni sulla manovra chiede che nei prossimi giorni si presenti anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, «a dirci quanto e se, per colpa delle opposizioni, si sono complicate le relazioni internazionali e se queste opposizioni, con la loro sciagurata irresponsabilità, hanno danneggiato il percorso di pace che ha portato avanti il governo italiano».

È il segnale che il centrodestra non ha intenzione di archiviare la vicenda, e lì scatta la bagarre. Perché i leader e i parlamentari d’opposizione vorrebbero uscirne con un’alzata di spalle, come se Hannoun fosse un estraneo che quasi per caso compariva nei loro uffici (è la versione di Laura Boldrini) e ai tavoli dei convegni che loro stessi organizzavano.

Il problema riguarda soprattutto il Partito democratico, che a differenza di Cinque Stelle e Avs ha ancora la pretesa di parlare agli elettori moderati e spesso ci riesce, come dimostra il colore dei sindaci delle grandi città. Ma la voce della piazza militante è forte anche per loro, e infatti il 17 settembre erano tutti lì, ad ascoltare Hannoun e gli altri alla manifestazione in piazza De Ferrari a Genova. Silvia Salis, Beppe Sala, Stefano Lo Russo, Matteo Lepore, Sara Funaro, Gaetano Manfredi, Vito Leccese e colleghi di sinistra, accorsi per applaudire l’uomo che sabato è stato arrestato, ma già da tempo era nella lista nera degli Stati Uniti e di Israele.

Ora che Hannoun è diventato radioattivo anche in Italia, provano a sfilarsi alla chetichella, senza pagare alcun prezzo politico. A partire da Silvia Salis, che poche settimane fa ha ospitato nella sua città lo show di Hannoun e ora se ne sta silente come Schlein, almeno in questo simile a lei. Davanti a tanto imbarazzo è facile, per esponenti del centrodestra come il forzista Maurizio Gasparri, incalzare e chiedere «quando chiederanno scusa tutti i sindaci del Pd che pendevano dalle labbra di Hannoun durante i suoi comizi».

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Viene presentato il conto anche alla deputata pentastellata Stefania Ascari, che cercava consensi tra i pro-Pal invitando Hannoun a Montecitorio. Illeghista Rossano Sasso le chiede di dimettersi «all’istante» dalla commissione Antimafia, dove le amicizie imbarazzanti sono sconsigliate. E Donzelli la attacca in aula, dicendo che «Hannoun andava a spasso per tutta Europa con la parlamentare Ascari. E non solo in Europa, anche in campi in cui, a quanto pare, si esercitava Hamas e si raccoglievano soldi». Lei, che a maggio, rivolta ai ministri, con la kefiah al collo aveva urlato dal suo scranno «avete la coscienza sporca di sangue», reagisce proclamandosi «sdegnata» e vittima di «un atto di barbarie politica e morale».

Gli stessi che per due anni hanno accusato il governo di complicità nel «genocidio» hanno scoperto di aver fatto il gioco di un personaggio ritenuto un capo terrorista da magistrati che non hanno alcuna simpatia per Israele. Ma la vicenda dell’architetto accusato di girare ai terroristi i soldi che raccoglieva per beneficenza va oltre la sprovvedutezza dei sindaci piddini e dei parlamentari di minoranza.

Lascerà un segno perché mette la parola «fine» all’unico racconto più o meno unitario che l’opposizione è riuscita a fare negli ultimi due anni. Ossia che esista una zona in cui la protesta dura contro Israele, la mobilitazione di piazza, la difesa della Flotilla e le occupazioni di scuole e università non arrivano alla complicità con Hamas, al proselitismo e al finanziamento della jihad. E che in quella zona di superiorità morale i partiti e le amministrazioni che si oppongono alla destra abbiano il dovere di collocarsi.

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Non è così, quell’area è stata già presa da Hamas, che lì dentro prospera, raccogliendo finanziamenti e simpatie. E il fatto che Schlein, Boldrini, Salis, Lepore, Ascari e tutti gli altri non se ne fossero accorti fa di loro degli incapaci, non degli innocenti. Non è solo Hannoun che viene giù, ma tutto l’immaginario che la sinistra aveva costruito attorno a Gaza.

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