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Roma. la ricetta grillina: via i giardinieri, l'erba la tagliano le pecore

di Giulio Bucchi domenica 20 maggio 2018

3' di lettura

Svolta bucolica del Comune di Roma: via i giardinieri, arrivano le pecore tosaerba. Centinaia di ovini brucheranno nei parchi e nelle ville della Capitale, ideona della sindaca Virginia Greggi, ops Raggi, che sogna di emulare Berlino e di trasformare la Città Eterna in uno zoo. Maiali, cinghiali, topi, gabbiani grassi come bambini obesi, pantegane lungo il Tevere, serpenti striscianti fino negli asili, zanzare tigri a gogò: mancavano gli ovini e poi l’universo animale era al gran completo nella metropoli che vanta un discreto numero di asini nei posti di potere, canari ferocemente noti alle cronache, e gattare più autorevoli delle star tv. Mancavano gli ovini, ma ci ha pensato la sindaca grillina (altra specie ormai in voga nel mondo politico romano) a colmare questa imperdonabile lacuna. Anzi, Virginia ha proprio sollecitato l’impiego di pecore e caprette per diserbare la città, «un’attività giusta e interessante», ha spiegato l’assessore all’Ambiente Pinuccia Montanari, la quale, evidentemente, non sa più che pesci pigliare per risolvere il problema del verde pubblico. Senza soldi - Il Campidoglio, infatti,piange miseria. Spera tanto in un governo M5S-Lega per battere cassa e farsi dare un po’ di quattrini per l’ordinaria amministrazione. Altrimenti non ce la fa. Cascano gli alberi e al Servizio Giardini allargano le braccia: siamo senza personale. Appena 347 unità e dovremmo essere il doppio. Ci sono i cassonetti dei rifiuti da svuotare e all’Ama ripetono: più di così non possiamo fare. Salire sui bus dell’Atac è diventata un’esperienza più emozionante del battesimo del fuoco, senza contare le voragini da tappare se non si vuole che altre auto finiscano dentro. Roma in crisi profonda, insomma, ma pronta a risollevarsi grazie alla creatività di una giunta che non perde occasione per regalare sorprese ai cittadini. Prendiamo ad esempio il caso delle botticelle, le famose carrozze di cavalli che piacciono tanto ai turisti perché si fanno un giro open air tra i monumenti storici: dopo un tira e molla estenuante tra animalisti, preoccupati per la salute degli equini, e cavalieri, il Comune ha alla fine deciso che le botticelle traslocheranno dal centro a quattro grandi aree verdi dove potrano circolare liberamente: Villa Borghese, Villa Doria Pamphilj, Castel di Guido e Parco degli Acquedotti. Però, attenzione, proprio qui i cavalli con sopra le coppiette di turisti innamorati che si fanno i selfie si troveranno ben presto pecore e capre tosaerba, all’insegna dell’ecologia e «sulla scia di quanto già avviene a Berlino», insiste l’assessore Montanari tra gli sfottò generali, perché Roma non è certo una città tedesca.Eppure. Pecorelle-giardiniere con i pastori come netturbini, i pastori dell’Ama, le greggi in mezzo ai runner che affollano Villa Borghese la domenica mattina, le famigliole abituate al pic nic nei prati di Villa Pamphilj che ora divideranno il pasto con gli ovini de Roma e «sai che strage per Pasquetta...», ha ironizzato un romano doc come Claudio Amendola, appena appresa la notizia. Altri non l’hanno presa così sul ridere. Hanno evocato il rischio zecche, pulci, il fatto che le capre la fanno piccola ma in grande quantità e poi bisogna pulirla e «a meno che capre e pecore non saranno dotate di pannolone, il prossimo passo sarà assoldare qualche milionata di scarabei stercorari». C’è chi ha spiegato che già nel Trecento pascolavano al Colosseo e il Campidoglio era chiamato il Monte Caprino perché assediato dalle capre selvatiche. L’opposizione è insorta tra il serio e facento: «Per il decoro cosa facciamo? Assoldiamo l’orsetto lavatore?». Solo la Coldiretti del Lazio non si è scandalizzata all’idea perché vede nel progetto M5S «un’opportunità per l’agricoltura» e poi già al parco della Caffarella (in periferia) vengono usati questi animali per tagliare l’erba dei prati. E poi volete mettere quanta ricotta, latte e formaggini produrranno questi giardinieri naturali? Un nuovo brand per la città: Romolo, Remo e Rumina. Forse la Raggi ha in progetto anche di cambiare il simbolo di Roma: dalla lupa alla pecora. Dall’immondizia alla pastorizia. In fondo la Capitale rappresenta il più grande comune agricolo d’Europa. Insomma Virgì: le caprette ti fanno ciao. di Brunella Bolloli

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Giovanni Sallusti

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