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Endocrinologi a rischio burnout: i più colpiti gli ospedalieri e i giovani medici

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Davide Locano
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Esaurimento emotivo, depersonalizzazione, scarsa realizzazione professionale. Sono i sintomi del “burnout” professionale di cui soffrono sempre più gli operatori della sanità. A rilevarlo, è la prima indagine italiana di categoria realizzata dall'Associazione Medici Endocrinologi (AME), diffusa in occasione del 18° Congresso nazionale a Roma. Ad esserne colpiti, sono soprattutto i giovani e gli endocrinologi in ambito ospedaliero. Le donne sono lievemente più sensibili al fenomeno. Altri fattori di rischio sono la scarsa esperienza nel campo, il rapporto con i pazienti, gli orari di lavoro. Il burnout è una sindrome psicologica causata da eventi di disagio e stress in ambito lavorativo, che può essere misurabile attraverso tre parametri: esaurimento emotivo, depersonalizzazione, ridotta realizzazione personale. Questa è la definizione di Maslach (1975) tra i principali studiosi del fenomeno, autore anche dello strumento di cui si è avvalsa il gruppo di lavoro AME per valutare le dimensioni teoriche del problema, che è il Maslach Burnout Inventory General Survey (MBI-GS). I risultati L'endocrinologo ospedaliero seguito dall'ambulatoriale, risulta con il più alto esaurimento emotivo, cioè si sente emotivamente svuotato e annullato dal proprio lavoro e prova un inaridimento emotivo nel rapporto con gli altri. Per quanto riguarda la realizzazione personale, questa risulta maggiore nei liberi professionisti, poi al secondo posto negli ambulatoriali e infine, imeno realizzati appaiono gli ospedalieri. Maglia nera per gli ospedalieri pure per la depersonalizzazione, sintomo che si manifesta con un atteggiamento di allontanamento e di rifiuto nei confronti dei pazienti. Come si è svolta indagine Il questionario, tradotto in italiano, è stato sottoposto ai medici AME a settembre 2019. Nell'arco di un mese l'adesione, su base volontaria, è stata sorprendente. Su 1290 medicini cui hanno risposto ben 790 medici. “Questo è un segno evidente che il problema è diffusamente sentito tra i colleghi ma è ampiamente sottovalutato, – ha dichiarato la Prof. Simonetta Marucci, endocrinologa e coordinatrice della survey AME. - il rischio di burnout è associato ad un maggiore errore medico, come evidenziato da una recente indagine internazionale, con conseguenze negative anche per i pazienti. L'indagine, di tipo qualitativo e su base anonima, è consistita nell'invio di un elenco di affermazioni volte ad indagare la percezione dell'attività lavorativa, alle quali i professionisti sono stati chiamati a dare una valutazione da 0 (mai) a 6 (ogni giorno) quali ad esempio “Lavorare direttamente a contatto con la gente mi crea troppa tensione e “Mi sento emotivamente sfinito dal mio lavoro”. “Questi dati sono significativi – ha commentato il prof. Edoardo Guastamacchia, Presidente AME - perché rappresentano da un lato una fotografia della realtà dall'altro perché possono essere messi in relazione gli uni con gli altri e confrontati con altri tipi di indagini, allo scopo di approfondire e capire le cause e le proporzioni del fenomeno e, di conseguenza, proporre una strategia d'azione per ridurre il fenomeno di burnout degli operatori, che si traduce in vantaggio per i pazienti”. “Alta adesione dimostra che il problema è molto sentito. – ha aggiunto il Prof. Marco Giannini, professore in Psicologia dell'Università di Firenze - La risposta che abbiamo da questi numeri è uno spaccato di un fenomeno che è importante confrontare con altri tipi di realtà. Il prossimo passo è elaborare strategie di d'azione che migliorino il work engagement, attraverso l'attivazione di fattori protettivi e fattori di resilienza.” Conclude Giannini.

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