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Guerre e islam, la profezia del generale. Ecco come saremo ridotti fra quindici anni

di Eliana Giusto sabato 30 gennaio 2016

2' di lettura

Come sarà il mondo nel 2030? Carlo Jean, docente di geopolitica alla Link Campus University, prova a spiegarlo in un articolo pubblicato nel numero speciale di Nuova Antologia che compie 150 anni, ripreso dal Giornale. "Il dominio che l'Occidente prima europeo, poi americano ha esercitato sul mondo dal 1750 si attenuerà, senza scomparire. Pur non essendo più egemone, rimarrà il pilastro di qualsiasi ordine mondiale. In sua assenza dominerebbe l'anarchia". L' Asia, continua Jean, sarà ancora trainata dalla Cina: "La sua minore crescita non sarà compensata dall'India, che pur la supererà demograficamente nel 2022. L'apertura nell'Artico dei passaggi a nord-est e a nord-ovest ridurrà l' importanza del Mediterraneo".  Aumenterà poi "il divario di ricchezza sia fra gli Stati sia al loro interno: fra i vincitori e i vinti della globalizzazione (...). In varie parti del mondo i confini tracciati dall'Europa dopo la Prima guerra mondiale o la decolonizzazione saranno contestati. Non rispettano le identità tribali, etniche o confessionali". Nell'Islam, "la soluzione del Califfato non è accettabile per la comunità internazionale. Probabilmente nel 2030 sarà già scomparsa. Non si sa però che cosa lo sostituirà per tenere a freno al frammentazione". Ma vediamo gli Stati Uniti. Il primo scenario del mondo del 2030 è quello ottimista dell'hub and spoke, suggerito da Kissinger: ovvero gli Usa continueranno a essere "il cuore del mondo", "la loro potenza dissuaderà grandi conflitti nelle periferie della massa continentale eurasiatica. La mancanza di egemonia, favorirà la regionalizzazione. Contrasterà nazionalismi e protezionismi. Il mondo sarà multipolare. La disomogeneità degli Stati impedirà un multilateralismo efficace. Pur continuando a essere l' unica superpotenza globale, gli Usa saranno indeboliti dal declino dei loro alleati europei e dalla difficoltà di riattivare la bipartisanship al loro interno, come nella Guerra fredda". Un secondo scenario estremo è quello pessimistico, con gli "Usa che rifiutano di assumere responsabilità globali. Sarebbero inevitabili nazionalismi e protezionismi, forieri di possibili conflitti anche fra grandi potenze, come l'India e la Cina. Il mondo non sarebbe multipolare, ma apolare e hobbesiano". "Gli attuali equilibri dipendono dalla presenza americana e dal fatto che il potere del Partito comunista cinese è legato alla crescita economica. Se l' economia entrasse in crisi, sarebbe inevitabile per Pechino una deriva nazionalistica". I megatrends, considerati dalla "futurologia, sono sempre estrapolazioni di quelli attuali. In taluni settori (demografico, economico, tecnologico, ecc.), tale metodo è valido. In altri, come in quello politico e strategico, è molto meno affidabile. I cigni neri più comuni sono: la proliferazione incontrollata di armi nucleari e, soprattutto, la loro acquisizione da parte di organizzazioni terroristiche; il collasso dell'euro e dell' UE; la democratizzazione della Cina; tempeste elettromagnetiche che distruggano le reti satellitari, pilastro portante dell' interconnessione della globalizzazione; il collasso della Russia e il suo assorbimento nelle aree d' influenza tedesca o cinese; cambiamenti climatici; eccetera". Ma a quel punto "il mondo del 2030 assumerebbe allora assetti diversi da quelli ipotizzati in quest'articolo".

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