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Monte Cervino, la prova definitiva del riscaldamento globale? Cosa mostrano le telecamere

di Gloria Gismondi mercoledì 31 luglio 2019

2' di lettura

Sono ormai dieci anni che il Monte Cervino è tenuto sotto stretta osservazione per i crolli legati alle alte temperature della stagione estiva. I controlli sono stati ultimamente intensificati con il posizionamento di 50 sensori sul versante svizzero. Le alte temperature vanno infatti a creare delle problematiche al permafrost, ovvero a quella porzione di terra perennemente ghiacciata, che ha la funzione di tenere unite le rocce sulla vetta della Gran Becca. L'importante caldo di quest'anno ha contribuito ad aggravare una situazione già critica. Il ricercatore dell’Agenzia regionale per la protezione dell’Ambiente della Valle d’Aosta, Umberto Morra di Cella, responsabile degli effetti sul territorio dei cambiamenti climatici, ha parlalo a La Stampa. "Le ondate di caldo ad alta quota aumentano le probabilità di crolli. Il passaggio di calore verso l’interno della roccia favorisce lo scioglimento del ghiaccio. Ma non per questo il versante valdostano è più soggetto a crolli rispetto al versate svizzero", ha spiegato. Dunque le parole del direttore del Soccorso alpino valdostano, Paolo Comune: "Io ho lanciato un appello a tutti gli appassionati perché scelgano con cura i percorsi che intendono affrontare per non prendersi rischi inutili". L'ultima disgrazia legata a questa pericolosa realtà è avvenuta qualche giorno fa. A perdere la vita in un drammatico volo di 1.400 metri sono stati due alpinisti, una guida alpina cilena e il suo cliente. I quattro escursionisti sono precipitati nel vuoto, lungo il versante Est svizzero, perché la roccia sulla quale erano ancorati, si è staccata dal corpo della montagna, proprio a causa dell'eccessiva temperatura.  A confermare l'intensificazione dei controlli è Fabrizio Troilo, di Montagna Sicura: "Si tratta di verifiche che proseguono ormai da molti anni, anche sul versante della Valle d’Aosta". La montagna, purtroppo, registra episodi di crolli sempre più frequenti, importante spia che la situazione è davvero seria, e che qualcosa sta irreversibilmente cambiando nella profondità del terreno. La questione era già stata affrontata nel 2009 a Courmayeur, in occasione del convegno organizzato da Fondazione montagna sicura . Il relatore dell'Università di Milano, Claudio Smiraglia, era così intervenuto: "Nel 2003 ci sono state importanti frane sul Cervino. Il fenomeno è ancora più evidente in una regione come la Valle d’Aosta, per il 4 per cento coperto da ghiacciai. Il terreno scuro assorbe energia, e basta una porzione senza neve per trasmettere calore in profondità". "Un fenomeno innegabile, che prosegue da circa 150 anni, e ha accelerato in questi decenni", per poi aggiungere che sicuramente le attività antropiche hanno giocato un ruolo decisivo.   Leggi anche:Candida auris, il fungo killer del riscaldamento globale: "Farà 10 milioni di morti" "Ci sono modifiche legate ai cicli naturali. Ma credo che l’uomo stia dando una bella mano. L’effetto non è solo sulle temperature, ma anche in quanto inquiniamo acqua e suolo. Si sente dire che bisogna cambiare stili di vita, ma tutti vogliono tornare indietro, nessuno lo vuole fare a piedi" ha concluso Smiraglia.

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