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Drone, una parola che 20 anni dopo chiede maggiore impegno

Le accezioni del termine e le sue evoluzioni: ecco "La parola della settimana", quello che oggi più di tutto il resto è un'arma utilizzata in guerra
di Massimo Arcangeli domenica 13 luglio 2025

2' di lettura

«1. Velivolo privo di pilota, comandato a distanza, per operazioni di ricognizione o sorveglianza. 2. Bersaglio telecomandato usato nelle esercitazioni come simulacro di nave o di aereo». Sono le due accezioni di drone secondo il Supplemento al Grande dizionario della lingua italiana di Salvatore Battaglia uscito nel 2004 (Torino, Unione Tipografico-Editrice Torinese) e diretto dallo scrittore e critico letterario Edoardo Sanguineti.

Vent’anni dopo, per il sopravvenuto ampliamento degli impieghi dell’oggetto, che vede moltiplicarsi anche i suoi modelli e i suoi accessori, la parola avrebbe richiesto un maggiore impegno da parte del lessicografo.

Nello Zingarelli 2024 (Bologna, Zanichelli, 2023) il drone è un «velivolo telecomandato di piccole dimensioni impiegato come bersaglio mobile in esercitazioni militari o come ricognitore in operazioni militari o di polizia», ma con una necessaria aggiunta: «Dispositivo analogo usato per riprese video o fotografiche, per operazioni di controllo e monitoraggio, per ricerche, consegne e altri usi civili».

Sono proprio gli anni Dieci quelli in cui la parola comincia a prendere piede in Italia per poi esplodere nel decennio successivo, anche con la pubblicazione di numerosi volumi sull’argomento. I droni, fatti alzare in volo – quando in loro compagnia non vogliamo amatorialmente trascorrere un po’ del nostro tempo libero – per salvare vite umane o al contrario per spegnerle, per controllare il territorio o per prevenire (o monitorare) disastri ambientali, per girare dall’alto professionali panoramiche o per recapitare di tutto, sono debitori della lingua inglese. Qui drone, identico nella forma al vocabolo italiano – la sua pronuncia è invece /drón/ –, vuol dire alla lettera “fuco”, da intendersi come il maschio dell’ape. Sprovvisto di aculei e riconoscibile rispetto alla femmina, oltreché per il corpo più tozzo, per gli inconfondibili occhioni, si è trasformato dunque negli anni, nella sua versione meccanica, in un innocuo trasportatore di merci o, come gli sciami di droni ultimamente lanciati dai russi sulle città ucraine, in uno spietato dispensatore di morte.

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drone

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