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Gas, termosifoni giù di un grado? Ecco le conseguenze per il nostro corpo

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L'ipotesi di abbassare i nostri riscaldamenti di un grado potrebbe non essere così negativa o drammatica come si pensa. A parlarne è stato il primario del policlinico Gemelli di Roma, Alfredo Pontecorvi, che in un'intervista a Leggo ha detto: "Bisogna evitare catastrofismi. Ridurre di qualche grado la temperatura delle stanze in cui si soggiorna o si dorme può fare solo bene alla salute ed esercitare effetti positivi sull'organo adiposo. La temperatura ideale per il nostro benessere è di 19 gradi". 

 

 

 

Scendendo nel dettaglio, poi, l'esperto ha spiegato: "Il nostro alleato si chiama tessuto adiposo bruno, una specie di termosifone interno che brucia calorie per riscaldarci e mantenere la temperatura corporea a 37 gradi. Il tessuto adiposo bruno insieme a quello bianco, quello cioè contro cui combatte la maggior parte di noi, fanno parte del cosiddetto organo adiposo, un organo capace di produrre ormoni. I due tessuti possono convertirsi l'uno nell'altro. Per esempio, a seguito di una cronica esposizione al freddo, il tessuto adiposo bianco si può trasformare in bruno allo scopo di aumentare la produzione di calore nel nostro corpo". Di qui il lato positivo per il nostro organismo: "Abbassare di qualche grado i riscaldamenti stimola la trans-differenziazione bianco-bruno, attiva il tessuto adiposo bruno, brucia i grassi e ci fa dimagrire riducendo anche il rischio di sviluppare alcune malattie correlate a obesità e sovrappeso".

 

 

 

Infine ha aggiunto: "In uno studio clinico cinque uomini sani, per un periodo di quattro mesi, hanno trascorso la notte in un laboratorio alla temperatura controllata di 19 gradi. In un solo mese il grasso bruno è aumentato di circa il 40 per cento ed è migliorata la sensibilità all'insulina, misura di un sano metabolismo. Al contrario, quando i volontari erano lasciati vivere in una stanza a 27°C, quel grasso bruno scompariva di nuovo. Non a caso la temperatura troppo elevata delle case è considerata una delle cause dell'epidemia di obesità cui stiamo assistendo".

 

 

 

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