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Le morti per clima mai state così poche

I dati di Bjorn Lomborg, celebre ambientalista danese, sconfessano la narrazione degli "apocalittici"
di Corrado Ocone domenica 3 agosto 2025

3' di lettura

Cosa diranno ora gli ambientalisti ideologici e fanatici che ogni anno, appena arriva il caldo estivo, ci ripropongono la narrazione che sono riusciti a imporre come “scientifica”, e quindi a loro dire indubitabile, e cioè che l’uomo sia la causa di un “cambiamento climatico” che avrebbe causato un “surriscaldamento globale” che in pochi anni ci condurrà alla catastrofe finale?

Cosa diranno ora che Bjorn Lomborg, l’ambientalista danese da sempre scettico verso il catastrofismo ambientale, ha riportato su x una tabella che mostra in modo inequivocabile come il primo semestre del 2025 sia stato quello con il minor numero di morti legati a eventi climatici estremi che la storia degli ultimi decenni ricordi? La domanda è retorica perché, quasi sicuramente, faranno finta di nulla e continueranno imperterriti a ritenere vera la loro posizione. Il che, dopo tutto, non sarebbe nemmeno un male: il consesso umano si segnala e prospera proprio per la pluralità delle opinioni che gli è proprio e che tutte hanno diritto ad esprimersi e confrontarsi nell’agone pubblico, fossero pure le più false e bizzarre (eliminare per legge le fake news è proposito illiberale e controproducente che può essere proposto solo da menti irriflessive).

Il problema però sorge, ed è grosso quanto una montagna, allorché i catastrofisti del clima non solo rifiutano il confronto con chi mette in dubbio, in tutto o in parte, le loro tesi, ma intendono addirittura silenziare le voci dissenzienti e determinare le scelte politiche degli Stati e dei governi. Che è poi ciò che è accaduto negli ultimi anni, ove anche solo manifestare qualche dubbio è risultato impossibile venendo considerati nientemeno che essere abietti e immorali. Il paradosso è poi che le idee catastrofico-ambientali sono considerate indiscutibili in quanto “scientifiche”, che è un’affermazione che ignora che il metodo scientifico è tale proprio nella misura in cui le sue proposizioni possono essere falsificate in ogni momento. La scienza, come ci hanno insegnato gli epistemologi novecenteschi, procede anzi proprio per successive falsificazioni e in questo si distingue dalle vecchie metafisiche, le cui tesi erano infalsificabili perché dogmaticamente assunte e quindi sempre “vere”. Proprio come accade alle tesi di Greta e compagni, per i quali se fa caldo, è colpa del cambiamento climatico e, se piove o fa freddo, lo stesso.

I motivi per cui la narrazione catastrofista è risultata vincente sono tanti e diversi, ma tutti convergenti verso lo stesso punto: dagli interessi economici che la «transizione ambientale» ha messo in moto alla necessità che la sinistra globale ha avuto di sostituire con un surrogato più spendibile le vecchie e fallite ideologie; dalla persistenza di una ideologia dirigistica (si pensi al Green Deal europeo) alla ricerca di un senso da parte delle giovani generazioni nell’epoca della “morte di Dio” (il carattere gnostico di una ideologia che tende a dividere il mondo in “buoni” e “cattivi” fa perfettamente alla bisogna). Quanto poi agli scienziati, in molti hanno taciuto per semplice spirito gregario o conformistico, oppure per convenienza, cioè per non perdere sovvenzioni e finanziamenti pubblici e privati. Anche se, in realtà, fra loro le posizioni sono diverse e articolate. Se una esigua minoranza riconduce il “cambiamento climatico” a fattori umani, in diversi pensano che esso ci sia ma le sue cause siano del tutto “naturali”. Non pochi hanno poi mostrato, dati alla mano, come le variazioni climatiche siano una costante storica e non una novità dei nostri tempi. Un dibattito plurale e articolato, quindi, che è rimasto nascosto ai più. E ancora lo rimane, tanto che Lomborg, nel presentare la tabella, può chiedere retoricamente ai suoi follower: «Ne avete sentito parlare da qualche parte?».

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