Mangiare cibi ultra-processati potrebbe accelerare l'invecchiamento biologico: lo rivela uno studio condotto dall’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (I.R.C.C.S.) Neuromed di Pozzilli (IS), in collaborazione con l’Università LUM di Casamassima (BA), e pubblicato sulla rivista scientifica The American Journal of Clinical Nutrition. Dalla ricerca è emerso come la qualità degli alimenti possa influenzare la salute a lungo termine. Nel mirino ci sono finiti snack salati, dolci confezionati, bibite gassate, ma anche prodotti insospettabili come pane in cassetta, zuppe pronte, piatti surgelati e yogurt aromatizzati.
Alla base delle nuove evidenze ci sono i dati raccolti nell’ambito dello Studio Molisani, che si occupa di epidemiologia e che coinvolge da 20 anni 25.000 cittadini adulti residenti in Molise. Grazie a un approfondito questionario, i ricercatori hanno potuto analizzare le abitudini alimentari dei partecipanti e calcolare il loro livello di consumo di alimenti ultra-processati. Si tratta di una categoria di cibi che include prodotti industriali confezionati sottoposti a molteplici fasi di trasformazione. Tra i loro ingredienti principali ci sono zuccheri, sale, additivi, coloranti e aromi. In genere, inoltre, presentano etichette con lunghe liste di componenti e sono progettati per avere una lunga conservabilità.
La struttura di questi alimenti potrebbe essere modificata dalla lavorazione industriale e dalla diversa formulazione del prodotto. Di conseguenza potrebbe ridursi il contenuto naturale di nutrienti, vitamine e fibre e non solo. Potrebbero anche generarsi nuove sostanze in grado di interagire negativamente con il metabolismo. A preoccupare è anche il modo in cui vengono confezionati: molti alimenti ultra-processati vengono venduti in contenitori di plastica o materiali multistrato, che possono rilasciare contaminanti chimici potenzialmente dannosi. Tornando alla possibile correlazione con la salute, i dati epidemiologici disponibili finora sarebbero sufficienti a dimostrare una ricaduta di questi cibi sull’età biologica, un indicatore che riflette lo stato di salute reale dell’organismo.
"L’analisi ha evidenziato che le persone che riportavano un maggiore consumo di alimenti ultra-processati presentavano, in media, un’età biologica superiore rispetto alla loro età cronologica, indicando una possibile accelerazione dell’invecchiamento dovuta proprio ad un consumo più elevato di questi alimenti - ha spiegato Simona Esposito, ricercatrice e prima autrice dello studio -. L’aspetto più rilevante dello studio sta nel fatto che il rapporto tra consumo di alimenti ultra-processati e invecchiamento è risultato indipendente dalla qualità della dieta. Anche le persone che seguivano regimi alimentari considerati equilibrati dal punto di vista strettamente nutrizionale – per esempio, ricchi di frutta, verdura e fibre – ma che includevano una quota significativa di cibi ultra-processati, mostravano segni di invecchiamento biologico più rapido”.