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Cucina, il neo-glossario dell'idiozia: le 10 parole insopportabili

Questa non è un'ode all'italianizzazione ma all'italiano: finger food che vuole dire? Crumble, il male assoluto. E il topping ve lo tirerei in testa
di Andrea Tempestini venerdì 19 settembre 2025

2' di lettura

Pensate alla meraviglia della parola “sbollentare”, immergere fugacemente in acqua bollente. Nessuna ambiguità semantica, un’azione precisa. Il lemma è ritmico, insolente. Pensate alla meraviglia della parola in questione e rallegratevi: nessun anglicismo la insidia, di agguati da “cooking-show” nemmeno l’ombra, neppure una fighetteria milanese che ambisce a soppiantarla dal lessico corrente.
Ma “sbollentare” è un caso raro.

Questa non è un’ode all’italianizzazione ma all’italiano: se qualcuno vi ravvisa un tratto fascista l’ossessione è sua. Maledetti “MasterChef” e affini. Maledetta Milano. Maledetti social. Maledetti perché, in ordine sparso ma partendo dalle due storture più moleste:

1) Zest di limone, che dire “scorza grattugiata” pare ormai un delitto. Zest chi? Perché? La risibile spocchia di chi non riconosce alla sonorità aspra della “scorza” una indiscussa superiorità, figurarsi in tandem a “grattugiata”, allitterazione in essenza, in una sola parola.

2) Finger food. Anglicismo che restituisce l’immagine di chi solleva il mignolo per darsi un tono che non gli confà. Vorrei ma non posso. Si dice stuzzichini, perbacco!

3) Food. In generale. Un virus, l’essenza del neo-glossario idiota. È tutto “food”, dal superfluo “food blogger” in giù. Cibo, cucina.

4) Topping. Per coerenza ve lo tirerei in testa, poiché la testa sta in alto, nelle zone di afferenza del vostro stramaledetto “top”. Gli arruffa-piatti che lo scandiscono sorridenti andrebbero perseguiti. Condimento. Guarnitura.

4 bis) Dressing. Idem come sopra. Un’insalata chiama “condimento”, sostantivo esaustivo.

5) Crumble. Male assoluto. Andate a Londra, andate a New York, andate via. La “sbriciolata” non la meritate.

6) Brunoise. Gli chef (veri) non me ne vogliano, ma gli chef (finti) hanno contagiato anche le nonne col virtuosismo francofono: tagliare a cubetti, punto e stop. “Cubetti”, melodia in sette caratteri.

7) Take away. Cibo d’asporto - preciso e tradizionale - è pur cacofonico, ma la modernità disgusta.

8) Delivery. Consegna a domicilio. E taci. 9) Ganache. Crema al cioccolato o volo di sola andata per Parigi.

9) Brunch. L’inizio del declino di Milano e, a cascata, della “classe dirigente”. Il brunch non esiste. Esistono colazione e pranzo, dipende dall’ora del risveglio.

Sull’impatto devastante della parola “brunch” c’è un fatto paradossale da chiosare: ha generato il più grottesco dei neologismi culinari, ossia l’italianissimo “colazione” in vece di “pranzo”. La “classe dirigente” ne è stata travolta: se azzardi “pranzo” al posto di “colazione” sei un villano. La questione mi tormenta.

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cucina

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