È bello centellinare le puntate, guardare una serie con calma. Ma talvolta, soprattutto con l’avvento dello streaming che ci ha trasformato da spettatori a consumatori, veniamo presi da “raptus” che ci spingono alla visione compulsiva (binge watching); succede quando una serie è veramente avvincente, una “droga”. Lo sono queste cinque, ad esempio, diverse tra loro ma tutte serie da gustarsi in una notte di mezza estate...
1) Dept. Q: sezione casi irrisolti (Netflix). Un capolavoro assoluto, l’unica europea della cinquina. La troviamo su Netflix. Un ispettore burbero e misantropo, interpretato da un Matthew Goode più stropicciato di Giuseppe Cruciani, reduce a sua volta da un agguato che l’ha quasi ucciso, viene piazzato in uno scantinato a riaprire vecchi fascicoli di casi irrisolti, quelli che piacciono tanto alla gente. Ne sceglie uno. Sembra un rompicapo: una procuratrice sparita nel nulla quattro anni prima, la cui vita è misteriosa. Era piena di nemici, ma nessuna pista sembra portare a qualcosa. Finché gratta gratta si arriva al suo passato di adolescente nella squallida provincia scozzese. Stupenda l’ambientazione a Edimburgo. Notevole il personaggio di Akram, l’aiutante del commissario, uno che arriva dalla Siria: sembra un bonaccione ma tortura i cattivi quando le cose si mettono male.
2) Sirens (Netflix). Anche qui, l’infanzia e l’adolescenza sono le chiavi per scoprire la verità. Ambientata tra i ricconi e i filantropi di Martha’s Vineyard, sulla costa atlantica, al centro ci sono tre donne. Tutte stronze in modi diversi. Devon si occupa a tempo pieno del padre malato ed ex alcolizzato, lavora in un fast food ed è l’amante di un compagno del liceo. Simone è sua sorella, giovane, bionda, perfetta, fa l’assistente tuttofare della riccona, sceglie i fiori, organizza festa, scrive per lei messaggi piccanti da mandare al marito. Poi c’è la riccona, che è interpretata da Julianne Moore: per fingere di aver qualcosa da fare, fonda un’associazione che salva gli uccelli rapaci e se muoiono fa loro pure il funerale. Una specie di setta. Questo particolare idillio bucolico viene rotto quando Devon, dopo aver ricevuto dalla sorella un misero un cesto di frutta come unico gesto di sostegno alla notizia che il padre soffre di demenza precoce, lascia Buffalo e raggiunge l’isola dove Simone. Arriva senza preavviso, trovandosi in un ambiente patinato, artefatto, dove tutto è monitorato (divertente la satira sui riccastri). Ma la sorella la caccia: ora è ricca e con una posizione privilegiata, vuole chiudere con il passato. Ma è impossibile.
3) Severance (Apple TV). È una delle serie più costose realizzate per la tv. Siamo già alla seconda stagione. Parla di un gruppo di impiegati che accettano di sottoporsi a un intervento chirurgico che divide le loro coscienze in due, di modo che quando lavorano non ricordano nulla della vita privata e viceversa. Un sogno per molti datori di lavoro? La serie è chiaramente una critica sociale, in chiave distopica, con al centro il tema dell’alienazione del lavoratore. Quando i dipendenti della Lumon Industries entrano in ufficio, non ricordano niente della vita al di fuori del lavoro. Questo grazie a un chip che gli hanno impiantato nel cervello, dietro loro consenso, che è pero è la conditio sine qua non per poter essere assunto. Ma qualcosa si rompe nel meccanismo.
4) The Studio (Apple TV). Seth Rogen interpreta il neo nominato capo di uno studio cinematografico in una serie che è una strepitosa satira sulle celebrieties e su Hollywood.
5) Paradise (Disney +). Thriller politico ambientato all’indomani di un disastro ambientale che costringe le persone a trasferirsi in un bunker sotterraneo per sopravvivere. Ma mentre il mondo artificiale dovrebbe essere sicuro, una specie di Truman Show, il Presidente viene assassinato. L’agente segreto Xavier si mette alla ricerca del killer.