Oddio, oddio, è uscito un film “di destra”. Un film che parla di un ex militante del Fronte della gioventù e che sembra perfino essere piaciuto a molti esponenti di Fratelli d’Italia. E allora cosa devono fare, di fronte a questa provocazione, i sinceri democratici del mondo della cultura e di quello della politica? Semplice, stroncarlo. Criticare la pellicola e possibilmente attaccare pure quelli che l’hanno realizzata, a partire dal regista. Il film in questione è Albatross, al cinema dal 3 luglio. Scritto e diretto da Giulio Base, racconta la storia di Almerigo Grilz, attivista del Msi triestino e poi giornalista e inviato di guerra. Una professione-passione, quella per i reportage, che purtroppo gli costa la vita. Grilz, infatti, muore in Mozambico nel 1987, diventando il primo reporter di guerra italiano caduto dopo il 1945.
Valeva la pena di raccontarla, la storia di Almerigo. Ma i progressisti, com’era prevedibile, non l’hanno presa bene. Il manifesto, presentando il film, ha definito Grilz «neofascista triestino in odore di terrorismo e campi paramilitari» (un po’ di fango non guasta mai). Poi la bastonata: «Albatross parla la lingua della fiction italiana di propaganda, la peggiore, quella dei foibe movie, degli ha-fatto-anche-cose-buone movie, da programmare in bassa stagione. Fatta per compiacere i camerati al governo». Stendiamo un pietoso velo sulla definizione di “foibe movie” e “ha-fatto-anche-cose-buone movie”. E proseguiamo nella lettura: «Non tutti sanno, e Giulio Base meritatamente lo svela, che la vera passione di Almerigo Grilz era quella di fare caricature a penna.
Ne vediamo alcune, sulle rivistacce fasciste dell’epoca tipo Candido, che sono progenitori dei Libero, Verità, Giornale di oggi. Più seriamente, il film nasconde un non detto piuttosto evidente. La caricatura è la forma di revisionismo preferita dalla destra al governo, in ogni forma: dagli scontri di piazza anni ’70 alle guerre in cui Grilz cerca la verità con la sua cinepresa – sempre praticamente a petto nudo tra i proiettili». Insomma, il problema non sembra essere neanche il film in sé. A disturbare il manifesto pare proprio essere tutto quello che non è di sinistra (Libero compreso, ovviamente...).
SOLITO COPIONE
Frustate ad Albatross sono poi arrivate anche da Repubblica. «Come è facile intuire», si legge, «al netto delle migliori intenzioni di Giulio Base, il film sembra fatto apposta per supportare il processo di contro-narrazione caro al governo Meloni». E non poteva mancare il Fatto quotidiano: «È sublime, nella polemica sul tax credit, rilevare l’incasso a dir poco modesto del film Albatross, tanto caro a Fdi, che il 18 giugno è stato presentato con proiezione privata allo stato maggiore del partito, da Arianna Meloni a Ignazio La Russa. Il film ha beneficiato di 1,49 milioni di euro, quasi la metà del costo totale. È uscito il 3 luglio e nei primi due giorni ha totalizzato 911 spettatori, con una media di quattro spettatori per sala. Non proprio un trionfo per il film caro ai “camerati”».
Però, come detto, prendersela con l’opera non è sufficiente. Ci vuole anche l’attacco personale a chi l’ha pensata e realizzata. Al regista Giulio Base, insomma. A questo ha provveduto il Movimento Cinque Stelle, tramite il deputato Gaetano Amato. «È di questi giorni», ha spiegato, «un nuovo capitolo di Parentopoli: la nomina di Tiziana Rocca - già “direttrice-multifestival” (Taormina, Filming Italy Sardegna, Filming Italy Los Angeles)- a consulente per la selezione degli ospiti del Torino Film Festival, guidato guarda un po’ dal marito Giulio Base. Presenteremo un’interrogazione parlamentare. Giorgia Meloni costringe il Paese a vedere un film di serie B pagato dai contribuenti mentre amici e parenti continuano a intascare soldi». Ricapitolando. Se si parla di egemonia culturale rossa, i compagni alzano subito il sopracciglio: ma no, quando mai... Se si dice che il mondo del cinema è in mano ai soliti noti progressisti, scattano le risatine: figuriamoci, la politica non c’entra... Però quando esce un film con un eroe non di sinistra, parte subito la corsa alla stroncatura. Il solito copione...