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Ritorno della Venezia del '600 tra spie e veleni

Tutti gli autori, più o meno, tendono a riflettere se stessi nei propri libri. Ma forse nessuno come Matteo Strukul, potrebbe essere davvero uno dei suoi personaggi, tornato fra noi dal passato
di Bruno Magi mercoledì 8 ottobre 2025

3' di lettura

Tutti gli autori, più o meno, tendono a riflettere se stessi nei propri libri. Ma forse nessuno come Matteo Strukul, potrebbe essere davvero uno dei suoi personaggi, tornato fra noi dal passato. Con quella barba antica, e il suo dichiarare che vive tra «Padova, Berlino e la Transilvania» (connessioni vampirische?), sembra la reincarnazione di qualcuno di loro. Ma quale? Difficile dirlo, perché Strukul è un enigma, ma anche un'antologia di cultura storica. E se I Medici romanzo d'esordio che gli valse il Bancarella e una vastissima notorietà, tradotto in quaranta Paesi, fu un affresco perfetto della signoria fiorentina connessa con il potere papale, oggi Strukul va oltre, abbraccia l'Europa del Rinascimento nel nuovo romanzo, La congiura delle vipere (Newton Compton, pagg.346, euro 12,90).

Come dice lui stesso nelle note (ricerca bibliografica capillare, di portata enciclopedica) attraverso questa vicenda, realmente avvenuta, si riflette nella letteratura che aveva esercitato una particolare influenza nella sua formazione, da Miguel De Cervantes a Theophile Gautier, Stendhal, Emilio Salgari, Alessandro Manzoni, Robert Louis Stevenson, Joseph Conrad, ma soprattutto, diremmo noi, Alexandre Dumas, perché il romanzo inizia nel 1613, dodici anni prima dell'entrata in azione de I tre moschiettieri, e le dark Ladies nel romanzo di Strukul battono alla grande in perfidia la loro antagonista più famosa, Milady di Winter. Il romanzo si snoda in un complesso defilé di personaggi, ha lo schema di una tragedia, ogni loro azione è come un “atto” della vicenda. Domina la scena El Caigo, che in veneziano significa «la nebbia», detto «lo spettro di Venezia» - perché nessuno sa chi sia- è un vendicatore di malefatte, somiglia un po' al conte di Montecristo ea Jean Valjean di Victor Hugo.

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Intorno a lui, agire Marco Barbaran maestro profumiere, con la sua serva Viola, Niccolò Barbaro, l'Inquisitore Rosso, Chiara Varotari, pittrice padovana realmente esistita, sorella del Padovanino, la sua committente e benefattrice Cornelia Rossi, i dogi di Venezia, Marcantonio Memmo e Giovanni Bembo, Pompeo Giustiniani, capitano di ventura detto Braccio di Ferro. Ma non basta, perché i personaggi sono divisi in settori, e accanto ai primi creare gli avventurieri, come L'Invelenada, donna spietata che incarna lo spirito di vendetta, Rea, un'orfana di orgine greca, finita in un postribolo. E bisogna fare i conti con gli Uscocchi, i pirati che lavorano nell'Adriatico per conto degli Asburgo, nel procinto di scatenare la guerra di Gradisca con l'intento di arrivare a Venezia.

Illoro capo è Ivo Stojan, coraggiosissimo e crudele, detto il Mangia-Cuori, e questo basta per farvi un'idea del personaggio. Tanto per non lasciarsi mancare nulla, in giro volteggiano bramosi anche gli spagnoli, insediati nel Ducato di Milano. E poiché si va alla ricerca dei veleni, con i quali ordinare le congiure e uccidere, è spaventoso, da brividi, leggere di un dragone che va alla ricerca della “materia prima” per soddisfare i committenti. È l'incipit, in una scena particolarmente significativa, paurosa e repellente, perché dà il senso esatto del significato del romanzo. L'uomo si trova sui colli Euganei, abbacinanti nella loro bellezza, ma lui va a cercare lo strumento dei delitti, tra fragranze afrodisiache di erbe conosciute, l'odore pungente del “finocchio porcino” con sfumature non dissimili dall'anice, ma poi si distingue in modo netto «anche l'aroma aspro dell'aglio pallido, quello avvolgente delle speronelle e, al termine, in un ultimo soffio, l'essenza dolce dei fiordalisi».

Ma lui non cercava i fiori, bensì l'incarnazione del male, e si affacciò su una pietraia, dove, distese al sole, riposavano decine di vipere. «Attorcigliate in viluppi intricati, strisciavano di quando in quando fino a trovare una posizione più comoda, ma perla maggior parte del tempo rimanevano immobili. Dovevano essere almeno una quarantena... Uscì allo scoperto e avanzò deciso. Ancora prima che una delle sole vipere avesse il tempo di muoversi, egli immobilizzò la prima per la testa, tramite la forcella del bastone e, un attimo dopo, la tenuta ferma per il capo, schiacciata contro il bordo della fiala. Il serpente rispose alla minaccia mordendo istintivamente. Snudò le zanne e addentò il vetro, secernendo un'abbondante quantità di veleno. Un istante più tardi il dragone gettò la vipera lontana e ripeté l'operazione con un secondo rettilile...».

Su quei fiumi di veleno che si riversano nella Laguna, indaga El Caigo, tallonato dai pirati e dagli spagnoli che dominano Milano e dilagano, guidati dal marchese di Bedmar, loro ambasciatore a Venezia. Riuscirà lo “spettro di Venezia” ad allontanare dalla città l'ombra della morte? Riflessione: impossibile circoscrivere Matteo Strukul in una definizione. È Strukul, e basta.

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