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Checco Zalone zittisce i salottini rossi: la bordata

"Buen Camino" al debutto in sala batte #Avatar e copre il 78% degli introiti italiani complessivi. Eppure il protagonista cafone, che osa scherzare anche su Gaza, aveva fatto storcere il naso agli intellò dei giornali di sinistra
sabato 27 dicembre 2025

3' di lettura

«Checco Zalone? I primi film erano pazzeschi, ma adesso...». È una frase ripetuta a pappagallo nei salotti buoni, che si sposa con il felpato snobismo di parte della critica cinematografica italiana, soprattutto quella chic, che ha definito l’ultima commedia dell’attore pugliese «uno «Zalone in tono minore» (nei casi più affettuosi).

Come se fosse facile mantenersi agli stessi livelli per quindici anni, come se il suolo italiano pullulasse di autori più talentuosi, che fanno più ridere o che macinano più incassi.
Poi naturalmente arriva il responso del pubblico: Buen Camino, l’ultimo film di Zalone in cui lui è un cafonazzo arricchito che cerca l’amore della figlia in pellegrinaggio a Santiago ma comodamente in Porsche, uscito solo 48 ore fa, sta battendo ogni record. Regalando una boccata d’ossigeno a tutto il comparto dell’industria italiana.

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NUMERI MONSTRE

Il 25 dicembre, primo giorno di programmazione di Buen Camino, diretto da Gennaro Nunziante e distribuito da Medusa, ha incassato 5.671.922 euro. Stiamo parlando di un giorno solo, quello di Natale. Non è il miglior esordio di Zalone (il quale precedentemente aveva fatto uscire i film il primo gennaio) ma sono numeri clamorosi. In un totale di mercato pari a 7.195.899 euro, conquista il 78,8% dell’incasso complessivo. È dal 2011- fanno notare i produttori - che il 25 dicembre il box office italiano non superava la soglia dei 7 milioni di euro. Un risultato che si colloca in un periodo altamente competitivo, con in sala anche il nuovo capitolo della saga di James Cameron, Avatar: Fuoco e Cenere, che resta primo. Una sfida su cui lo stesso Zalone aveva scherzato durante la conferenza stampa: «James Cameron dovrebbe svegliarsi il 26 mattina e dire ‘ma chi ca... è questo?’».

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Al centro di Buen Camino c’è la storia di un padre ricco, viziato e ignorante, almeno sul numero dei continenti che esistono sulla Terra, che si mette sulle tracce della figlia lungo il cammino verso Santiago di Compostela. La comicità è sempre dichiaratamente scorretta: scherza infatti su palestinesi, Gaza, ebrei, persone con problemi alimentari, non vedenti, eccetera. «Invece di lamentarsi del politicamente corretto bisognerebbe essere intelligentemente scorretti», aveva detto alla presentazione delfilm, che ha visto il ritorno alla regia di Gennaro Nunziante, che lo aveva affiancato in tutti i precedenti lavori tranne in Tolo Tolo del 2020. Oltre al volume degli incassi, il dato che emerge dalle prime rilevazioni è la distribuzione omogenea del pubblico su tutto il territorio nazionale. Il successo di coinvolge Nord, Centro e Sud senza concentrazioni marcate nelle aree tradizionalmente più forti per l’attore pugliese, come il Sud. Per Zalone si tratta anche di un nuovo riferimento interno: con Quo Vado nel 2016 aveva raggiunto il 65,6% del mercato e con Tolo Tolo nel 2020 il 75,7%, entrambi però con uscite il 1° gennaio. Questa volta il dato arriva nel giorno di Natale. Alla vigilia dell’uscita, l’attore aveva legato esplicitamente il risultato atteso allo stato di salute dell’intero settore: «Ci aspettiamo di fare soldi, di incassare, perché gli incassi possono far bene a tutto il comparto», aveva dichiarato.

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LE CRITICHE

È difficile trovare un difetto a Buen Camino, a parte che dura solo 1 ora e mezzo. Si ride, e questo dovrebbe bastare. Eppure la stampa non lo ha apprezzato. «Zalone in tono minore ma ognuno ride a modo suo. (...) È di gran lunga il meno riuscito fra quelli della ditta Zalone/Nunziante», scriveva la Repubblica nel pezzo di critica di Alberto Crespi. «Un Checco Zalone familiar-spirituale e un tantino moscio», vergava Il Fatto Quotidiano. Lo stroncava anche Paolo Mereghetti sul Corriere parlando di un personaggio- il riccone stile Briatore - «poco credibile». (Trattandosi di una caricatura, la credibilità cosa c’entra?). «Anche i grandissimi», scrive Mereghetti, «hanno fatto evolvere la propria maschera, ma qui più che evoluzione mi sembra si rischi la distruzione. O comunque il grave deterioramento». Gravissimo. Come piacere alla gente, rimpolpare l’industria italiana e strappare due ore di risate assolute.

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