Critiche pesanti

Non è l'arena, Massimo Giletti bombardato da Repubblica: "Solo scemenze, che roba è"

Repubblica si occupa ancora del caso Povia e della sua ospitata a Non è l'arena, il talk condotto da Massimo Giletti su La7. Il quotidiano si concentra sulla frase, ormai diventata virale sui social  ("Zelensky deve abdicare dal trono") e del ruolo di Massimo Giletti come conduttore e della sua scelta stilistica: "Le confuse argomentazioni geopolitiche di Povia già sfumavano quando la scaletta l'ha chiamato a cantare un brano dal promettente titolo Dito medio, clip girata davanti a un fondale di finte, ma evocative rovine, anch' esse scalzate da quelle vere e poi dalle ulteriori e rumorose interruzioni", scrive Filippo Ceccarelli.

 

 

"Il vero spettacolo, a ripensarci, era la faccia di Massimo Giletti: un complesso miscuglio di stupore, godimento, indignazione, euforia, al fondo tenute assieme da una consapevole superiorità nei confronti della cronaca, forse della vita, magari addirittura della storia. Giletti sa il fatto suo, anche troppo. Conosce e detta i tempi della tv, maneggia bene la narrazione, sa gestire gli ospiti senza mai farsi fregare il microfono; inoltre ha coraggio, una bella presenza, una vena anarcoide e un pubblico che davvero lo vede come un moralizzatore, solo contro tutti. Ma certo non si chiede se sarà o meno il caso di diffondere scemenze su una guerra ogni giorno più terribile", si interroga ancora Ceccarelli.

 

 

"Nell'indispensabile usa e getta, prima di affidare l'invasione dell'Ucraina a Povia a Non è l'arena sono passati no vax così ottusi da sembrare finti, ciarlatani che promettono 120 anni di vita a chi compra le loro spezie, brigatisti rossi di iperbolica maleducazione e per questo arruolati e poi cacciati in diretta. Giletti tratta male Berlusconi, stima Meloni, si liscia Renzi, regala la maglia del Milan a Letta, fa cantare Conte e mentre Salvini chiude la trasmissione inviando un bacione alla figlioletta, si aggiunge in qualità di zio Massimo. I folli calcoli di Putin e l'espansione della Nato restano sospesi nell'etere, prossimi all'oblio dell'eterno presente", conclude Repubblica.