Dal faccia a faccia bollente con Francesca Fagnani a Belve («Niente rancore però») all’intervista, commossa, a Domenica In. Davanti a Mara Venier, è un Teo Mammucari fragile quello che presenta il suo libro autobiografico Dietro ogni profondo respiro. Ombre e luci della mia vita imperfetta. Una cavalcata fino al successo tutto tranne che trionfale e segnata da quanto accadutogli a soli 3 anni, quando la madre con una scusa lo portò in collegio a Ostia.
«Io ho perdonato mamma ma non ho dimenticato - spiega nel salotto di Rai 1-. Lei mi disse “Andiamo alle giostre, in realtà siamo andati in un collegio e mi lasciò lì”. Avevo 3 anni quando successe. Dopo quell’esperienza, ho capito perché nella mia vita sono capitate tante altre cose, io ne parlo così perché ho fatto tanto lavoro su me stesso, ma non è stato facile all’epoca».
«Dai 3 agli 11 anni, ho visto mamma ogni due settimane. Papà non lo vedevo proprio perché lei si era inventata che fosse partito per l’Africa, visto che si erano separati ma non me lo voleva dire. Come la vivevo? Alla fine - ammette ancora segnato - ti abitui a tutto, io ho cercato di illuminare questo “tunnel” in cui mi sono ritrovato», anche grazie alla creatività e al gusto per lo spettacolo.
Non furono, comunque, anni facili: «Mi dispiace per le suore... ma quante botte mi hanno dato? Lo dico, c’era ’sta suora – tanto sarà morta adesso – che mi prendeva per il collo e mi alzava, un dolore che non puoi immaginare. Ce n’era un’altra che ti colpiva se la guardavi in faccia. Quando mamma veniva a trovarmi al “parlatorio” non dicevo niente perché sennò era un problema. Non ho mai chiesto a mia madre perché avesse voluto lasciarmi lì ma ho rispettato la sua scelta perché credo che abbia fatto una vita peggio della mia. Queste cose vanno perdonate perché, una volta, era un’altra epoca e non posso puntare il dito contro a chi ha vissuto il Dopoguerra, sarei una me***a umana semi permettessi di farlo».
A un certo punto, la sua voce si rompe per l’emozione: «Quando tornai a casa a 18 anni, mamma mi disse che...». Segue qualche secondo di silenzio. «Scusa Mara ma faccio davvero fatica perché non è facile per me parlare di certi argomenti, tu sai condurre perché sei molto delicata». C’è spazio anche per la dolcezza: «Il giorno più bello della mia vita? Quando è nata mia figlia».