Gli strani suicidi legati al Santuario della Bozzola, la comunità di orfani e tossicodipendenti, il sicario, i ricatti sessuali a un prete, “le bugie” di Alberto Stasi, la guerra tra toghe. E la pennetta Usb di Chiara Poggi. Chiamiamola “fanta-Garlasco”, la storiaccia giallo-nera che da “Twin Peaks d’Italia” si sta trasformando nella “Inchiesta più pazza del mondo”. A Zona Bianca, su Rete 4, Giuseppe Brindisi ospita in studio alcuni pezzi da Novanta della faccenda. L’avvocato di Andrea Sempio, l’esplosivo Massimo Lovati. Il legale di Stasi Antonio De Rensis. Giornalisti che seguono da anni il caso come il direttore di Gente Umberto Brindani, Attilio Bolzoni e Rita Cavallaro.
Tutti chiamati a rapporto per indagare sulle “piste alternative” alla versione ufficiale, che ha visto la condanna di Stasi a 16 anni di carcere in via definitiva dopo uno sconcertante balletto tra Appello e Cassazione, con assoluzioni ribaltate in maniera clamorosa. «La sentenza su Stasi non è andata oltre ogni ragionevole dubbio- sottolinea la Cavallaro -. Una persona come il procuratore Napoleone, anti-terrorismo, anti-mafia, dossieraggio, Csm, arriva in una piccola Procura di Provincia e succede il terremoto, viene fuori tutto questo “presunto” sistema. Ed è in questo che va inserita l’inchiesta di Garlasco, la punta dell’iceberg di quello che sta accadendo a Pavia». «Nei mesi precedenti alla morte - prosegue - Chiara aveva fatto delle ricerche specifiche, pedofilia, anoressia e come cercare delle tracce su un cadavere».
E qui entrano in ballo Lovati e i suoi “sogni”. «Io non credo alla versione dei fatti fornita da Stasi a sommarie informazioni testimoniali. Stasi è stato attinto da un avviso di garanzia dopo 20 giorni, quindi lui parlava a sommarie informazioni testimoniali e ha detto delle cose talmente inverosimili a cui io non credo. Ma non sono bugie che uno si è prefabbricato, sono talmente lapalissiane che mi sembra di poter dire che lui riporta una versione dei fatti che gli hanno inculcato». Proprio l’avvocato di Sempio tira un ballo il caso Bozzola: «Se noi andiamo a vedere le carte di questo processo ci accorgiamo che c’era un’ipotesi estorsiva, due cittadini romeni ricattarono il prete estorcendogli 250mila euro. Come fa un parroco di campagna a disporre di una somma simile? E devo criticare la procura della Repubblica di allora che non indagò su queste cose che sono state dette e intercettate dai ragazzi rumeni».