Giorgia Meloni dovrebbe prendersi le minacce di morte, mettersele in tasca e tacere, stare zitta. La sintesi è brutale ma non troppo lontana dal pensiero di Pino Corrias, una delle firme del Fatto quotidiano che ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo, su La7, spara a zero sulla premier. "Mi pare di ricordare che Renzi riceveva più di mille minacce. Tutti i ministri e presidenti hanno ricevuto minacce, ma rarissimamente ne hanno parlato. A differenza di altri, Meloni ne parla a ogni esordio di tutte le interviste che fa. Non nelle conferenze, perché non le fa", spiega con tutta la calma del mondo Corrias, nemmeno sfiorato dal dubbio che forse sulla leader di Fratelli d'Italia pesi anche un pregiudizio ideologico che sconfina nell'odio puro, più umano che politico.
Tant'è, serve Italo Bocchino anche lui in studio a riportare tutti con i piedi per terra.Altro che "vittimismo", spiega il direttore editoriale del Secolo d'Italia. "Il vittimismo di Meloni è realtà. A oggi ho 697 pratiche di diffamazione sui social, non è normale. Chi li usa deve sperare di non cadere nel reato di diffamazione. È ovvio che chi ha visibilità debba pagare lo scotto, ma la Meloni si difende con le parole".
Quando non bastano le parole, ci sarebbero pure i numeri. Quelli dell'economia però, che dovrebbero essere i più freddi e razionali, possono venire interpretati alla bisogna. Sebastiano Barisoni del Sole 24 Ore attacca, sostiene che "non tornano". "Se tu entrassi in verticale nei problemi poi la gente ti segue, perché guarda Bocchino tu puoi fare tutta la propaganda che vuoi, ma i numeri hanno la testa dura.
Quando le imprese inizieranno ad avere i fatturati in calo e non per colpa del governo e del contesto internazionale come l'inflazione cresce o cala allo stesso modo, quando tu non riesci a recuperare la stima del recupero del potere d'acquisto perso, quei numeri il mal di pancia te lo fanno venire". E giù paragoni con Monti, Fornero e i governi targati Pd, e quelle manovre fatte "per far contenta l'Europa, la Commissione europea, sistemare i conti pubblici". Di fronte a questo fuoco di fila, a Bocchino non resta che un sano, apotropaico e beffardo gesto: "Facciamo le corna, per ora crescono". E le corna le fa davvero, esibite con fierezza in diretta. D'altronde il Pil italiano è atteso in crescita dello 0,6 per cento nel 2025 e dello 0,8 nel 2026, dopo essere aumentato dello 0,7 nei due anni precedenti. Ma si sa, a sinistra pensano sempre che sia solo e soltanto fortuna.