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Daniele Cassioli, parla il campione di sci nautico: "Sono cieco dalla nascita e vivo scivolando sull'acqua"

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Gino Coala
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«Devo ringraziare le mie retine. Se vedessi non so se sarei migliore». Trentadue anni e una saggezza da uomo che le ha viste tutte nella vita. Vedere. In realtà, Daniele Cassioli non ha mai potuto sapere cosa c' è davanti, intorno a sé, non distingue ombre ma è circondato solo da un gran buio, o dal nero squarciato da una luce se gli puntano una lampada contro. È nato così. Ma nonostante sia avvolto dall' oscurità negli occhi, questo giovane uomo nato a Roma e cresciuto a Gallarate (Varese) riesce a saltare con gli sci nautici per 21 metri e dieci, volteggia a pelo d' acqua, si piega, si gira, fa lo slalom tra le boe a 58 chilometri orari, rimane in equilibrio su un piede solo mentre il motoscafo sfreccia sul lago: è un fuoriclasse dello sci nautico con all' attivo 22 titoli mondiali, 25 vittorie europee e 35 titoli italiani. È considerato il migliore atleta paralimpico di tutti i tempi nella sua specialità, trionfatore nel 2017 in Australia, dove ha realizzato il grande slam per la terza volta consecutiva, e a fine maggio è atteso alla 60edizione dello Us Master in Georgia. Nel tempo libero fa il fisioterapista e in passato la sua passione per la musica l' ha reso un pianista di tutto rispetto oltre a un deejay conteso dai migliori locali della Lombardia. «Quando guardi oltre tutto è possibile», spiega come fosse la cosa più naturale del mondo, e lo dice lui che è cieco dalla nascita. PATOLOGIA RARA La sua malattia si chiama retinite pigmentosa (Rp), ha origini genetiche e può colpire chiunque provocando una sorta di suicidio dei fotorecettori, essenziali per garantire il normale processo della visione. Oggi che è la giornata mondiale delle malattie rare le statistiche dicono che la "Rp" varia a seconda del Paese in cui si vive: in Svizzera il rapporto è 1 su 7mila abitanti, in Italia si stima che ne sia affetta una persona ogni 3.500, circa 18mila pazienti. «All' inizio abbiamo provato di tutto», ci racconta Daniele tra una presentazione e l' altra del suo libro "Il vento contro" (De Agostini) che sta portando in giro nelle scuole italiane. «Pellegrinaggi e sedute da aspiranti "santoni" che promettevano guarigioni miracolose. Non è accaduto niente e ho deciso che dalla mia condizione sarebbe uscito qualcosa di buono, non sarei rimasto fermo a disperarmi». Gli occhi di Cassioli non hanno mai funzionato, ma lui vede con il cuore e non è retorica. È positivo, pieno di entusiasmo, illuminato dalla voglia di fare e di spronare chi è come lui a superare i limiti della propria disabilità. Certo, da piccolo le difficoltà non sono mancate. «Amavo già lo sport, il calcio in particolare», ricorda, «però quando a scuola gli adulti dividevano da una parte i bambini "normali" che avrebbero giocato la partita, dall' altra quelli "non normali", io soffrivo. Volevo avere anch' io la borsa che profumava dell' erba del campo e stare in una squadra vera». Quando poi ha deciso d' iscriversi a Fisioterapia, una prima università gli ha detto no: molti corsi vengono fatti a video e tu non ce la faresti. Cassioli non si è perso d' animo: laurea presa altrove. «Ormai la tecnologia ha fatto passi da gigante», ammette, «nel telefonino c' è una vocina sexy che mi legge i messaggi scritti che altrimenti non potrei vedere, quando do il comando vocale fa i numeri, e poi il sistema Braille è uno strumento fondamentale per me». ALLENARE IL CORPO Da atleta ha allenato il suo corpo, scoprendo «le mille risorse che ha». Mamma Brunella, papà Luigi, il fratello Davide, lo hanno aiutato nella quotidianità. Poi gli amici, a cominciare dagli sportivi: Francesco Totti in primis (Daniele è romanista), il Parma Calcio, il Bologna. È diventato un testimonial. L' esempio di uno che ce l' ha fatta senza perdere il sorriso ma lavorando su se stesso. «Se mi arrabbio, che cosa cambia?», chiede serafico. Con la Sestero Onlus "lo sciatore nautico nel buio" promuove attività motoria e sportiva per le persone con disabilità, perché «lo sport è essenziale», ripete il campione, «fin dalla tenera età. Certi bimbi oggi non sanno neppure andare in bicicletta e in classe fanno sempre meno ginnastica. Ecco, io vorrei dire ai genitori e agli insegnanti: meno playstation, più movimento. Si rivalutino gli oratori (io ho iniziato lì), si utilizzi lo sport per superare l' handicap e le discriminazioni. E poi», aggiunge, «bisogna puntare sulla fiducia nel prossimo. Io, nella condizione in cui sono, mi fido ciecamente degli altri». di Brunella Bolloli

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