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Il calcio degli emigranti: pallone, spaghetti e mozzarella. La squadra di italiani in Galles

di Cristina Agostini sabato 31 agosto 2019

3' di lettura

Quando l'arbitro - anzi, il referee - entra nello spogliatoio e inizia l'appello, è come se in sottofondo suonasse l'Inno di Mameli. Con il suo buffo inglese italianizzato ci prova: «Braino, Sammartaino, Delvecio, Serraffino». Un incubo. Doppie e "i" diventano imprevedibili e i cognomi vengono inevitabilmente storpiati (quelli veri sono Brino, Sammartino, Delvecchio, Serafino), ma non c'è da stupirsi: siamo in Galles, campionato di serie B, e sta per scendere in campo il Bangor City Football Club, una sorta di Little Italy. Già, perché lo storico club che vanta tre Welsh Premier League (scudetti), otto coppe del Galles, una partecipazione ai preliminari di Champions e dieci all'Europa League, si è totalmente italianizzato e ha in rosa 21 giocatori di casa nostra. Più il direttore sportivo, ovviamente, l' artefice della trasformazione tricolore. Dirigente giramondo - Max Leghissa ha «qualcosa più di 50 anni», come spiega lui, e un passato da vagabondo del calcio: è il ds che ha costruito questa strana squadra. Triestino, ex calciatore («attaccante fino alla serie C con il Monfalcone»), Max ha un passato ingarbugliato nel quale ha girovagato tra una società e l'altra. «Difficile ricordare e raccontare tutto quello che ho fatto come agente e dirigente. A metà Anni '90 sono stato direttore del Marketing all'Udinese, poi direttore sportivo del Casarano, poi al Gallipoli, dove ho messo su famiglia e lavorato all'Accademy Milan». Più facile ricostruire gli ultimi anni. «Lavoro all'estero da quattro stagioni: due le ho passate in Svezia come direttore sportivo dello Syrianska FC, in serie B, le ultime due invece a Malta, nel Mosta Football Club. Lì ho conquistato due salvezze in serie A e vinto un campionato Primavera dopo 33 anni». Finché ha conosciuto i dirigenti del Bangor, mentre la squadra gallese era in ritiro proprio a Malta. «Il mio presidente mi ha sponsorizzato e mi hanno chiesto una consulenza. Che poi è diventato un contratto di due anni. Ed ora eccomi qui». Leghissa si è portato qualche giocatore dalla vecchia squadra, ha ingaggiato alcune promesse già note, ha tesserato giovani promettenti e in pochi mesi ha costruito un Bangor all' italiana. «La società in passato non ha avuto mai stranieri, a parte qualche inglese e un sudamericano per poche settimane. Ha sposato la mia linea e ora tutti sono entusiasti». Tra i 21 nuovi acquisti italiani (si dividono tra squadra A e squadra B) ci sono Emmanuel Ageymaiang ('98, attaccante ex Novara e Mosta), Francesco Leghissa ('99, figlio del ds ed ex Rennes e Mosta), Emanuele Zaminga ('97, ex Lecce), Nicolas Delvecchio ('98, ex Francavilla e figlio del bomber Marco Delvecchio), Eugenio Dalia ('97, ex Primavera del Palermo), Azizou Zoumbare ('93, ex giovanili Roma), Francesco Serafino ('97, ex Boca Junior) e Lorenzo Castaldo ('01, ex Napoli). Pendolari da Liverpool - «L'allenatore e il suo staff sono di Liverpool e per ora alloggiamo e ci alleniamo là: veniamo a Bangor solo per le partite, tutto sommato sono solo 240 km tra andata e ritorno. I ragazzi italiani vivono insieme in un grande bed and breakfast, con camere da due posti e una cucina a disposizione. Ovviamente arrivano scorte di cibo mandate dai parenti dall' Italia: spaghetti, pummarola, mozzarelle». Calcio, ma anche un' esperienza di vita. «Per i giocatori è un' ottima occasione per conoscere l' estero e una lingua nuova. Il gallese è incomprensibile e nemmeno chi è nato qui lo conosce, ma con l' inglese si possono fare grandi progressi». Leghissa ridacchia: «L' altro giorno, durante la partita, c' è stata una mezza zuffa e l' arbitro ha rimproverato Dalia, un nostro giocatore napoletano. Che ha risposto: "Arbitro, dimmi why". Capito? Iniziano a imparare qualche parola...». Il Bangor finora ha giocato due partite conquistando 4 punti (l' altra sera ha vinto 3-1 in casa contro il Buckley Town con doppietta di Zoumbare e rete di Serafino). «Il club non è stato retrocesso per meriti sportivi, ma perché il nostro piccolo stadio da 5000 posti non era a norma. Ora è sistemato, vogliamo risalire subito nella massima serie e tornare in Europa League entro due anni». La città è in fermento. «Qui si vive bene, ci sono 25mila abitanti e c' è una delle migliori università del Regno Unito. Nel week-end la gente viene in gita da Liverpool e Manchester. I tifosi sono su di giri: nella scorsa partita si sono presentati vestiti di azzurro e tricolore per omaggiare noi italiani». Già, la Little Italy che vuole conquistare il Galles con Brino, Sammartino, Delvecchio, Serafino.  Anzi, Braino, Sammartaino, Delvecio, Serraffino. di Alessandro Dell'Orto

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