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Zvonimir Boban al Milan? Evviva le bandiere, ma... Ecco che cosa non torna

di Davide Locano domenica 9 giugno 2019

2' di lettura

Zvonimir Boban riveste i colori del Milan? L' accordo è quasi fatto. Il suo compito sarà curare i rapporti con le istituzioni e sovrintendere all' area sportiva assieme a Paolo Maldini, che sarà più libero di occuparsi delle faccende più di campo (magari affiancato da un ds). Mentre l' ad Ivan Gazidis potrà concentrarsi sulla parte finanziaria. Competenza, conoscenze, personalità: è questo l' identikit del Boban uomo di scrivania, intelligenza calcistica prestata alle stanze dei bottoni tanto che il presidente Fifa, Gianni Infantino, è molto seccato dall' idea di perdere la collaborazione del croato, uno dei principali fautori del Var al Mondiale: «Lo incateno alla Tour Eiffel», esclama. Sembra tutto molto bello, eppure dietro alla retorica del grande rientro si allunga anche l' ombra del grande punto interrogativo: le bandiere che tornano in società da dirigenti, funzionano davvero? Nella memoria del tifoso rossonero l' esperienza da vicepresidente del Milan di Gianni Rivera è archiviata nella cartella "indesiderata", visti i pessimi ricordi lasciati come dirigente dal Golden Boy, travolto pure lui dallo scandalo scommesse che portò il club in serie B. Leggi anche: Montolivo, addio (molto polemico) al Milan Anni lontani, lontanissimi, eppure se ci guardiamo intorno ci accorgiamo che la musica non è mica cambiata così tanto. Già si era insediato Maldini e al Milan si è consumato l' ennesimo addio di Leonardo e un' annata di malesseri con Gattuso, terminata con le dimissioni di Rino. Con Javier Zanetti vicepresidente e uomo immagine dell' Inter nel mondo, si è consumato il caso Icardi: un capitano degradato e a sua volta ammutinato contro la squadra sotto gli occhi di colui che è stato la guida dei massimi trionfi recenti. Da Zanetti ci si aspettava un intervento risolutivo, illuminante, anche mediatico, che però (per sua volontà o altrui?) non è arrivato. Altra città, altro capitano. Con Francesco Totti seduto fra i dirigenti di professione, alla Roma è sfuggito di mano il caso De Rossi, un finale di romanzo gestito male e finito peggio. L' unico ex grande calciatore che funziona anche come grande dirigente pare Pavel Nedved, forse perché ha studiato alla scuola di un certo Luciano Moggi. Ora anche per Pavel, che con Paratici ha convinto Agnelli a dare il benservito ad Allegri, siamo alla prova del nove: dalla scelta (e dai risultati) del prossimo mister della Juve capiremo davvero se è uno che sa «vedere il futuro prima degli altri». di Tommaso Lorenzini

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