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Calcio femminile, Mondiali e vergogna nascosta: quanto guadagnano le donne in confronto ai maschi

di Giulio Bucchi domenica 16 giugno 2019

3' di lettura

La classifica di Forbes non sorprende: Leo Messi è lo sportivo più pagato al mondo con 127 milioni di euro incassati all' anno. Nei giorni del Mondiale femminile, nasce spontanea la domanda: e la collega più ricca? Parliamo della norvegese Ada Hegerberg, primo Pallone d' oro al femminile, che incassa addirittura 400 mila euro a stagione. Come il portiere dell' Atalanta Gollini o l' attaccante del Torino Edera, tanto per fare un paragone al maschile. A lanciare l' allarme sulla disparità di trattamento è stata la stessa Hegerberg con la decisione di boicottare Francia 2019 per solidarietà verso le sue compagne «sfruttate» in ritiro: «Ci facevano fare pubblicità gratis, invece i maschi erano pagati. Avevamo a disposizione una sola maglia e solo un paio di scarpini per Euro 2017, quando gli uomini ne scelgono a volontà», ha raccontato la stella del Lione. È nata così la discussione tra chi pretende parità di trattamento tra uomini e donne - già applicata dalla Norvegia da due stagioni, almeno per quanto riguarda i salari minimi - e chi sottolinea l' incomparabilità dei due movimenti per visibilità e interesse commerciale. Parità per merito - «Pensare che, per il solo fatto di giocare a calcio, devo avere il diritto di avere soldi, è la cosa più deleteria e inaccettabile», ha dichiarato allAdnkronos l' ex senatore e deputato Roberto Salerno, presidente del Torino calcio femminile. «La remunerazione economica ci deve essere per merito, non per diritto nel calcio. Prima di parlare di stipendi bisogna iniziare a produrre qualità. In Italia siamo lontani chilometri, forse anni luce. In Francia, dove esiste il professionismo, praticano il calcio circa 250mila ragazze, in Italia siamo poco più di 20mila». Chiedere la parità a prescindere forse non fa nemmeno il bene del nostro movimento femminile ancora acerbo, ma le cose di sicuro stanno cambiando. Restano i limiti della legge 91/81 sul professionismo: le calciatrici non possono firmare veri contratti di lavoro dipendente, ma solo accordi economici di massimo tre anni. Equiparate ai giocatori della Lega Dilettanti e serie inferiori, le calciatrici sono soggette al vincolo sportivo fino ai 25 anni con il club che le ha formate. Il tetto massimo dei compensi è fissato a 30.658 euro all' anno, cui si aggiungono indennità di trasferta e rimborsi spese. Le donne si allenano quanto gli uomini? Ebbene, possono aggiungere all' accordo-base fino a un massimo di 61,97 euro al giorno per cinque giorni alla settimana (per un extra di 1.220 euro al mese) che si riducono a 45 in fase di preparazione. Facendo due conti, un' atleta top come Barbara Bonansea, può arrivare a guadagnare poco più di 40 mila euro in una stagione. Le azzurre non possono contare nemmeno su un contratto con la federazione, come quello garantito a molte rivali per il loro impegno in Nazionale. Primi passi - I compensi lordi sono aumentati del 9% in appena dodici mesi con il passaggio sotto l' egida della Figc e grazie alla riforma che ha permesso il cumulo dei rimborsi. Gli effetti sono stati subito positivi anche con l' arrivo di giocatrici dall' estero. Il confronto con l' Europa, però, resta impressionante: nei maggiori campionati militano 1.396 professioniste. Sommando anche quelle di Usa, Messico e Australia, secondo il sito Statista i sette principali tornei femminili stipendiano 1.700 giocatrici con un budget di 42,6 milioni di dollari. Meno dello stipendio lordo di Neymar a Parigi (43,8). Alle italiane? Restano cuore e talento, con cui domani proveranno a battere la Giamaica (ore 18, diretta Sky Sport) per mettere al sicuro la qualificazione agli ottavi. E continuare a regalarci emozioni. di Francesco Perugini

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