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Juve e bilanci truccati, retroscena-bomba su Andrea Agnelli: il giorno in cui si è condannato da solo

di Fabrizio Biasin domenica 28 novembre 2021

2' di lettura

Un bel giorno Andrea Agnelli decide che Giuseppe Marotta non va più bene perché sì, è bravo ma, oh, largo ai giovani!, a Fabio Paratici che, tra l'altro, non ha nessun dubbio sul fatto che Ronaldo vada preso a tutti i costi, mentre Don Beppe no, non si fida, teme assai gli effetti collaterali, non vuole rischiare. Essù, eddai, se non vuoi Ronaldo allora non hai la visione giusta. E lo fa fuori. Senza neanche troppi complimenti, tra l'altro. 

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Marotta, che in precedenza aveva rifiutato il corteggiamento del Milan proprio perché rispettoso del suo contratto in bianconero, a quel punto accetta la proposta della famiglia Zhang, lestissima ad accaparrarselo subito dopo il siluramento. Il giorno dell'addio, Agnelli chiede a Marotta di presenziare a una conferenza stampa "congiunta" per salutare tutti quanti e magari stringersi la mano. Marotta declina con gentilezza. Ebbene, quell'addio, quell'atto di - definiamola "superbia agnelliana", coincide con l'inizio dei guai bianconeri: gli affari, le responsabilità, passano Paratici, talent scout capacissimo, dirigente discutibilissimo. 

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È lui che sponsorizza e definisce l'acquisto di Cr7 (già ribattezzato Cr730), giocatore che alla fine risulterà più caro che produttivo; è lui che porta il monte ingaggi della Juve a livelli siderali e decisamente insostenibili; è lui che insieme a Nedved fa fuori il primo Allegri in nome del «bel giuoco»; è lui che imbarazza la Signora per la faccenda Suarez; è lui che a un bel punto lascia Torino per Londra e questa volta sì, dopo una conferenza congiunta con il suo benefattore, Andrea Agnelli. 

Ecco, il grande capo bianconero ha avuto il merito (enorme) di far rinascere la Juve post-Calciopoli, l'ha resa modello sia in Italia che in Europa e ci è riuscito proprio perché si è affidato a Marotta, ovvero al più bravo. Accompagnarlo all'uscita senza un vero perché non è stato solo un errore, è stata la prima, vera, enorme minusvalenza bianconera.

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