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Beppe Dossena: "Perché la Serie A è ormai un campionato di passaggio"

Giulio Peroni
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Il mondo pallonaro l’ha visto e continua a vederlo da ogni angolatura. Beppe Dossena da bambino viveva in via Harar a San Siro, proprio davanti allo stadio. Da calciatore duttile e super talentuoso (regista, terzino, laterale d’attacco) ha vinto lo storico scudetto della Sampdoria nel 1991. Giovanissimo dalla panchina ha trionfato con la Nazionale a Spagna 1982 (“La mattina della finale Enzo Bearzot mi disse che avrei giocato al posto dell’infortunato Antognoni. Poi giocò Bergomi”). E’ stato dirigente nella Lazio di Cragnotti, ha allenato la Nazionale del Ghana e nei campionati di Libia ed Arabia Saudita. In attesa di riprendere a girare il mondo (“In un’altra vita ero un gitano, vivrei su un aereo”), Beppe il laureato (Scienze Politiche), il golfista, l’ex socialista negli anni 80, lavora come opinionista Rai.

Dossena la serie A è in gran parte in mano a proprietà e fondi stranieri. Il business core non è più il successo sportivo ma la vittoria del brand. Per questo contiamo e vinciamo poco?
Le nuove proprietà non sono causa degli insuccessi del nostro calcio. Siamo diventati un campionato di passaggio, non più l’avanguardia di un tempo. Manchiamo di talenti, di personalità. Il calciatore deve farsi supportare da bravi professionisti. Invece ho la sensazione che demandino la propria vita agli altri. Non avendo capacità di introspezione, il loro stile di vita si riflette anche sul campo. In Italia manca tutto ciò che viene prima di entrare sul rettangolo di gioco. Che poi fa vincere. Ci vuole una rivoluzione culturale.

Tanto attendismo, molti passaggi all’indietro, poca verticalità. In Italia siamo ormai al calcio-calcetto.
Giocare in questo modo è diventata una moda. Se non la fai risulti antiquato. Un fiore all’occhiello fare possesso palla, partire dalla difesa per forza, in maniera ossessiva. Ma fare passaggi di 4/5 metri in orizzontale diventa un dominio sterile, qualche volta controproducente.

Campionato. La Juventus sembra stentare. Qualcuno dice che l’Allegri-bis sia un errore.
Max è arrivato due volte in finale Champions, ha vinto una miriade di scudetti. Se non c’è storia e capacità in questo uomo, allora crediamo che tutto sia fortuna. Allegri non ha un compito facile. Con i tre infortunati fuori (Chiesa, Di Maria, Pogba ndr), la Juve oggi è dietro a tutte le altre. E’ da quarto posto.

L’Inter vende il baby Casadei al Chelsea, fa tornare Lukaku e prende il 34enne Mikhitaryan. Fa bene ad investire sull’usato sicuro?
La proprietà nerazzurra lavora sull’ora e subito. Gli Zhang si chiedono se ci saranno tra due anni. I conti li devono chiudere adesso: l’Inter non può fare altro.

Il Milan di Maldini e Massara prende giovani come Tonali e Leao, li paga il giusto, li trasforma in campioni. Arriva pure lo scudetto.
Il club rossonero è da prendere da esempio perché non subisce il mercato, non scende a compromessi, combatte il brutto vizio del nostro mondo di scendere a patti con i procuratori. I quali non sono il male assoluto. Ma il Milan quando si è sentito accerchiato ha avuto un vantaggio competitivo enorme. La difesa dei valori, della storia e della tradizione che è superiore a qualsiasi giocatore e procuratore. Da questo punto di vista il Milan è senza dubbio avanti rispetto a tutti gli altri club. Te lo dimostrano le vicende Donnarumma e Kessie. C’è molta coerenza nel sistema rossonero. Fanno quello che dicono. La coerenza nel nostro calcio è un bene raro.

Il “Daje” entusiasta della Roma di Mourinho, la follia oceanica alla presentazione di Dybala. Partire gasati è un vantaggio al pari dei valori tecnici o non basta?
Assolutamente non basta. Ci vuole qualità. La Roma ce l’ha, ma ci sono ragazzi come Zaniolo e Pellegrini che ancora non hanno preso coscienza della propria capacità, del proprio ruolo. Di quello che gli aspetta come professione. Devono entrare in un’altra dimensione, prendere il possesso della squadra, essere degli esempi. Quello che si richiede a chi ha più qualità degli altri.

Il Napoli cerca fenomeni sconosciuti: il georgiano Kvaratskhelia è partito forte. Gasperini all’Atalanta sembra invece  allergico ai campioni, vedi casi Papu Gomez e Malinovskyi.
Il Napoli è buonissimo insieme, davanti ha soluzioni enormi, di tutti i tipi. Forza, velocità, fisico. Spalletti può puntare allo scudetto. Quanto a Gasperini, gli allenatori ce l’hanno con i giocatori che non rispettano i ruoli, che non hanno rispetto dei compagni. Fanno bene i tecnici, quelli che possono, e Gasperini è tra questi, a combattere gli elementi che vanno contro il gruppo.

Beppe chi vince lo scudetto?
Inter e Milan sono davanti a tutte le altre. Poi vengono Napoli, Roma e Juve.

Dossena calciatore oggi vorrebbe giocare in Italia?
Ai miei tempi stavo in Italia, qui c’erano i migliori. La Sampdoria dello scudetto aveva una qualità assoluta. C’erano il Milan di Capello, l’Inter di Berti e Mattheus, il Napoli di Maradona. Oggi andrei via dall’Italia, magari in Inghilterra, non ci sono dubbi. Chi è fuori dal nostro Paese deve rimanerci. Non c’è ragione perché debba tornare.  

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