Viviamo un’epoca in cui gli allenatori dicono di non essere importanti nelle sorti della squadra. È tutto un minimizzare il proprio lavoro per esaltare quello dei giocatori. Una bugia. In questo calcio in cui gli spartiti sono complessi, la conoscenza è diffusa e le competenze sono ovunque, i tecnici sono più che mai decisivi. Si prenda questa strana serie A: le squadre sono così imperfette che vanno sistemate quasi ogni settimana. L’unico che non lo fa? Inzaghi. Infatti l’Inter è in crisi. Non l’ha toccata rispetto all’anno scorso né è mai intervenuto quest’anno di fronte a meccanismi arrugginiti e risultati storti. Sempre il solito 3-5-2, mai un guizzo, mai un tentativo, mai una botta di vita. L’Inter è apatica, scolastica, annoiata come chi la allena.
Qui, per dire, c’è una grande differenza negli allenatori delle milanesi: Pioli ha modificato il Milan non appena lo ha visto in calo. E poi lo ha ribaltato altre tre volte, fino a tornare contro il Napoli al modulo originale e costruire una goleada da sogno al Maradona che può ribaltare l’umore e il finale di stagione. La tattica non è tutto ma è lo strumento più potente a disposizione degli allenatori per sistemare una squadra. Più delle parole, più della preparazione atletica, più di tutto. Se una squadra sta bene in campo, sei a metà dell’opera. Pioli ha applicato la difesa a tre in una formazione che ha vinto lo scudetto a quattro. Ha rischiato? No, considerando che stava perdendo credibilità, presa, partite. È andata bene per uscire dalla crisi ma, quando in crisi ci stava per tornare, ha sfruttato la sosta per rispolverare il vecchio sistema, come a dire al gruppo che il peggio era alle spalle, che si poteva tornare a divertirsi. A Napoli, il Milan si è divertito come un bambino uscito dalla punizione.