L’Italia di Luciano Spalletti è stata davvero poco italiana perché ha imparato dal passato. Sapeva che avrebbe dovuto soffrire fino all’ultimo secondo e non si è tirata indietro. Così doveva essere - anche battendo due volte la Macedonia, nella gara finale contro l’Ucraina sarebbe servito almeno un punto - e così è stato. La capacità di soffrire l’ha data il nuovo ct. Su questo non possono esserci dubbi perché prima non esisteva: l’Italia di Mancini rendeva quando andava tutto bene ma si sgonfiava non appena le cose cominciavano a girare male. Il carattere di questa Nazionale dovrebbe quindi lasciarci tranquilli perché è già lo stesso di chi la guida: Luciano Spalletti. Se in pochi mesi, entrando in corsa, raccogliendo una squadra tatticamente e psicologicamente in macerie, il ct ha dato un’anima, cosa può fare ora che la qualificazione è ottenuta e la pressione è smaltita? Tanto. E il fatto che ne sia perfettamente consapevole («Ora viene il bello») è un’altra ottima notizia.
Questa Nazionale non si sente compiuta come quella precedente. Sa anche quali sono i suoi margini. Spalletti è consapevole che bisogna perfezionare la tattica collettiva perché non potrà mai contare su solisti a cui chiedere di più, se non Chiesa che si è distinto per impegno e iniziative in entrambe le ultime due gare. Si è già intravista la metamorfosi da un calcio “di posizione” ad uno di “ricerca della posizione”, ma questa parte va allenata. Sono da registrare le distanze: è normale che una squadra abituata a rimanere compatta e a non distendersi mai ora tenda ad allungarsi dopo ogni strappo in avanti.
Giusto così: pretendere una posizione privilegiata in quanto campioni in carica è una cosa molto italiana, e questa Italia, come detto, per fortuna non lo è. Il gruppo dell’ultima edizione con Turchia, Svizzera e Galles meno brillanti rispetto ad ora lo avevamo conquistato con delle qualificazioni impeccabili. Ma non sempre i gironi morbidi ci sono andati a genio. Ai Mondiali 2010 (Paraguay, Slovacchia, Nuova Zelanda) e 2014 (Uruguay, Costa Rica e un’Inghilterra in crisi) erano abbordabili, eppure siamo usciti. Agli Europei 2016, l’Italia di Conte si esaltò contro il Belgio nei gironi (Svezia e Irlanda le altre due), nel 2012 la versione di Prandelli raggiunse la finale partendo dalla Spagna campione del mondo in carica, la Croazia in rampa di lancio e l’Irlanda. Il girone sarà simile a questi. Con una differenza: le squadre materasso non esistono più. Dalla seconda e dalla terza fascia, e anche in quarta, si pescano Nazionali con almeno un campione ad un livello superiore rispetto a quello di molti azzurri. È utile rendersi conto del livello generale e, soprattutto, che tutti, anche i più forti, devono lavorare per superarlo. Figuriamoci un’Italia imperfetta.