Una partita complessa, di alto livello, indirizzata da un gesto che riporta il calcio alle sue origini, semplice solo perché Calhanoglu lo fa sembrare tale. Questa è Napoli-Inter, scontro da squadre da scudetto, sì, perché l’una è tornata magicamente a funzionare, l’altra funziona anche quando non è brillantissima, come in queste ultime settimane. È uno spettacolo italiano, dove la tattica è elevata ad arte ma non annacqua iniziative, schemi e volontà offensive. Nessuna delle due formazioni specula, si affrontano a viso aperto, accettando momenti difensivi dovuti all’alta qualità della rivale. È il meglio che il nostro campionato possa offrire, considerando che per tutti (in tutta Europa) questo è un momento di stanchezza fisica e, soprattutto, mentale.
L’Inter strappa tre punti pesantissimi perché il Napoli è di nuovo degno del suo status di campione in carica. Perché era in trasferta. E perché i partenopei venerdì faranno visita alla Juventus rinfrancati da una prestazione comunque all’altezza della capolista. La squadra di Inzaghi è in difficoltà di uomini, perde pure De Vrij e deve riciclare Augusto in difesa, ma non si scompone. Anzi, come quasi sempre in questa stagione e come ha fatto contro il Benfica, cresce nella ripresa quando gli altri calano: difficile sia un caso. È strategia, maturità e consapevolezza. Un ottimo cocktail. In quel momento Barella, in slalom “brignonesco”, segna il momentaneo 2-0 (di Thuram il tris) e si aggiunge ai marcatori stagionali nerazzurri, come del resto andrebbe aggiunto Sommer per almeno tre parate prodigiose. Per fortuna non è un tiro da fuori a risolvere una contesa così equilibrata, altrimenti avrebbe avuto ragione Allegri nel dire che il calcio è semplice. Beh, non proprio, tant’è che nemmeno Max lo dice più. È però vero che sta tornando il pragmatismo dei vecchi volponi del pallone (tra cui l’allenatore della Juventus), Mourinho che risponde in portoghese dopo aver ribaltato il Sassuolo in segno di protesta e, perché no, Mazzarri. Quest’ultimo ha capito che il Napoli è stato così ben allenato che si allena da solo. Altrimenti non si spiega come possa aver sistemato una squadra in pochi giorni. Ha rimesso ognuno al suo posto, senza inventarsi chissà quali stregonerie, apportando una modifica obbligata che, in realtà, offre una nuova prospettiva: Natan (o Jesus) terzino bloccato fa ruotare il Napoli verso destra e permette a Kvara di isolarsi sull’esterno e ritrovare il gusto per il duello diretto.