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Paola Egonu, le atlete del volley murano anche chi le strumentalizza

Pietro Senaldi
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«Ho capito che me lo devi chiedere, ma io non so neppure che cosa ha detto di noi il generale Vannacci. Non mi interessa, ho l’oro al collo, mi importa di questo e ne sono fiera». La prima domanda a cui ha dovuto rispondere, appena rimesso piede sul suolo patrio, ancora sulla scaletta dell’aereo, Myriam Sylla, campionessa di volley palermitana con genitori della Costa d’Avorio, è stata a un giornalista progressista che le ricordava il colore della sua pelle. L’impresa delle campionesse olimpiche è già derubricata a pretesto per l’attacco politico. Il collega voleva un commento olimpico sul campione di preferenze leghiste, quello secondo il quale «Paola Egonu non ha i tratti somatici italiani, anche se sono contento della vittoria e le chiederò l’autografo».

Reattiva come sul campo da gioco, l’azzurra ha prima murato la polemica e poi chiuso la vicenda con una schiacciata che ha abbattuto il volenteroso cronista. Niente da fare. Il Pd, come titolato da Libero lunedì scorso, ha provato a prendersi le medaglie delle pallavoliste, ma queste se le tengono ben strette al petto. Sono costate fatica e sudore e non meritano di essere gettate in pasto agli sciacalli. Complimenti, campionesse sul campo e anche fuori. Non una parola fuori posto, non una lamentela, non una rivendicazione nelle interviste del trionfo della Sylla e della sua collega Egonu, veneta con padre e madre arrivati dalla Nigeria.

 

PROGETTI FUTURI
«Come squadra siamo il riflesso dell’Italia di oggi e non abbiamo bisogno di spiegare nulla»: così la campionessa, ha liquidato Repubblica, che insisteva per una dichiarazione al veleno, e alla quale ha confidato che non sa se ci sarà alle prossime Olimpiadi, «perché ho quasi trent’anni e devo pensare al mio futuro». Ohibò, Myriam vuol diventare mamma: chissà che delusione per femministe e mondo progressista, che infatti non riporta nei sommari la confidenza, casomai crollasse il santino.

Ma anche la Egonu si sfila dalle polemiche. Il suo giorno dopo è tutto sportivo: «Un’emozione indescrivibile» spiega, dilungandosi sul «movimento italiano che sta funzionando a meraviglia» e sul fatto di «essere riuscita a rinascere». Merito, molto, dell’allenatore Julio Velasco, confessa la campionessa, «che è riuscito a creare un gruppo» ma soprattutto «mi ha tolto un po’ di pressione di dosso».

Vuoi vedere che la campionessa è ritornata tale quando ha potuto levarsi i tacchi di Sanremo e rimettersi le scarpe da ginnastica? Vuoi vedere che le ha giovato potersi strappare di dosso l’etichetta di portabandiera dell’integrazione, paladina anti -governo, marionetta del progressismo e tornare a essere sé stessa, una giocatrice di pallavolo che, se lasciata in pace, rende per quel che vale, cioè il massimo?

 

Evviva la spontaneità di queste donne, che dicono di non voler più essere chiamate ragazze, visto che l’oro le ha cresciute. Brutta invece l’operazione di depistaggio e politicizzazione dello sport alla quale stiamo assistendo da domenica, giorno della vittoria dell’Italvolley rosa. Il trionfo di giovani italiane trasformato in spot dello ius soli, quando il loro successo dimostra che non ce n’è alcun bisogno. E comunque, suvvia: le Olimpiadi sono importanti, ma non è che uno Stato evoluto possa decidere la propria politica migratoria per avere qualche medaglia in più. Compagni, un po’ di serietà... E poi dite che gli improvvisati sono gli altri. Abbiamo vinto in quanto multi-etnici, si è letto e sentito in questi giorni. Ma se fosse questa la chiave, qualcuno spieghi perché il Giappone, nazione allergica da sempre agli stranieri, di qualunque colore, ci sopravanza nel medagliere di otto ori?

Per non parlare della Cina, non prodiga nel concedere cittadinanze. Certo, le Olimpiadi le hanno vinte gli Stati Uniti, che sono multi-etnici e la sconfinata ma poco popolosa Australia, antica meta dell’immigrazione italiana, è arrivata quarta, ma diciamolo chiaramente: sono i due Paesi occidentali con le regole più dure verso i clandestini, che a Sydney restano anni rinchiusi nei centri d’accoglienza e in America vengono trattati come criminali.

STATI E VITTORIE
Diciamola tutta, si vince quando si investe: le prime quattro nazioni del medagliere sono quelle con le strutture sportive più avanzate e la pallavolo italiana trionfa perché, come il tennis e come dice la Egonu, è un movimento ben organizzato e in crescita. Negli ultimi due anni gli atleti del volley sono aumentati di 42mila unità, circa del 15% in valore assoluto e, in proporzione, più o meno così è andata tra le nuove leve, i ragazzi sotto i sedici anni.

Poiché i fessi stanno da tutte le parti, un disgraziato ieri ha imbrattato il murales che l’artista Laika ha dedicato alla Egonu davanti alla sede del Comitato Olimpico. L’opera si intitola “Italianità” e raffigura l’atleta che schiaccia un pallone con la scritta «Stop razzismo, odio, xenofobia, ingoranza». È fin dalle intenzioni dichiarate dall’autore, un disegno di forte valenza politica. Chi l’ha sfregiato ha colorato di rosa la pelle d’ebano della campionessa olimpica. Triste ma non stupefacente: le iniziative contro il razzismo più sono marcate più provocano una reazione contraria sguaiata. È un fatto, non un’opinione.

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