Cerca
Logo
Cerca
+

Il Giro di Basso termina in un abbraccio rosa a Verona

Esplora:
default_image

Arena in visibilio per il varesino e tutti gli eroi di questa corsa entusiasmante

Roberto Amaglio
  • a
  • a
  • a

Di solito echeggiano le note dei grandi della musica italiana e internazionale. Domenica, invece, l'Arena di Verona ha ascoltato estasiata il rumore soave e tagliente dei raggi e delle ruote ad alto profilo che ad altissime velocità sfilavano lungo il tappeto rosa. Di solito gli artisti musicali colpiscono i loro fun con coreografie, luci e fuochi d'artificio. Domenica, invece, la coreografia più bella l'hanno offerta proprio i 22 mila spettatori dell'Arena, interamente in rosa per festeggiare quegli eroi che, come in una lunga Odissea sportiva, sono finalmente arrivati a destinazione dopo un viaggio di 3600 km lungo le viuzze di Amsterdam, il fango di Montalcino, le grandinate di questo pazzo maggio sugli Appennini e, infine, gli scollinamenti sulle arcigne e storiche vette alpine. Questo Giro d'Italia ha senz'altro regalato immagini a non finire, ma le ultime cartoline da Verona sono forse le più belle. Il pubblico che troppo spesso è mancato sulle strade italiane (soprattutto a causa del maltempo), si è infatti ritrovato nell'anfiteatro veneto per un caldo abbraccio a tutti i corridori: dal vincitore di giornata Gustav Larsson, al maidomo Arroyo, passando per i gregari e per la maglia nera di questa edizione Marco Corti. Ma soprattutto un abbraccio lungo 15 km alla maglia rosa Ivan Basso, tornato grande a quattro anni di distanza dalla squalifica legata al suo coinvolgimento all'Operacion Puerto. Per lui questo Giro è durato ben più di 21 tappe. Il varesino l'ha iniziato a costruire nel corso dei lunghi allenamenti solitari quando ancora non poteva mettersi un numero sulla schiena e, per sua stessa ammissione, si fermava nei bar ogni quaranta chilometri per un caffé utile a vincere la noia, la solitudine e il desiderio di girare la bici per tornarsene a casa. Una solitudine che il capitano della Liquigas ha visto diminuire con il passare dei chilometri di questo Giro, sparendo magicamente a Verona, dove l'Arena è diventata la sua casa sportiva, dove riabbracciare la maglia rosa, i suoi tifosi e, soprattutto, la moglie Micaela (di nuovo incinta) e i due figli Domitilla e Santiago. E' stata insomma l'edizione di Ivan Basso, anche se la corsa rosa di protagonisti ne ha avuti davvero molti. Per esempio David Arroyo che, oltre alla fuga de L'Aquila, ha mostrato nell'ultima settimana un carattere di ferro, soprattutto nella frazione dell'Aprica, quella in cui perse il simbolo del primato. E che dire di Vincenzo Nibali, il ragazzo siciliano salito per la prima volta sul podio di una grande corsa a tappe al termine di un Giro che nemmeno doveva correre? E ancora il simpatico e battagliero Michele Scarponi, quarto nonostante sia stato uno dei migliori in salita; oppure Cadel Evans (non così forte come ci si poteva aspettare ma mai anonimo nel corso delle frazioni importanti), Alexandre Vinokourov o Marco Pinotti, il quale nel suo primo grande giro da capitano ha centrato un nono posto che ne testimonia valore e serietà professionale. E infine Gilberto Simoni che, dopo l'ultimo attacco tentato sul Gavia, ha messo via la maglia da ciclista per vestire l'abito da sera (con tanto di cravattino rosa) per salutare nel migliore dei modi un pubblico e una manifestazione che gli ha aperto le porte del grande ciclismo. Potremmo parlare per ore di questa corsa, probabilmente senza aggiungere niente a quanto ha già detto la strada. L'ultimo appunto che ci sentiamo di fare è sui risultati degli italiani. Avevamo prospettato un Giro dal forte accento straniero. Ci siamo sbagliati per quel che concerne la classifica generale, un po' meno per le vittorie di tappa (solo sei le vittorie azzurre in 21 frazioni). Tuttavia questo è il Giro che ci piace vedere, con corridori e squadre (anche quelle francesi) scesi in strada per vincere e non per onor di firma in attesa del Tour de France. Insomma questo Giro d'Italia inizia a scaldare il cuore a tutti, persino ai corridori francesi. Segno che la strada intrapresa da Zomegna e dagli organizzatori della Rcs è quella giusta.

Dai blog