Tutto in 48 ore. Se il "no" di Claudio Ranieri alla Nazionale di calcio fosse un film non sarebbe un divertente action movie come il film anni Ottanta interpretato da Eddie Murphy e Nick Nolte, ma un drammone sportivo a tinte fosche.
L'ormai ex allenatore della Roma ha rinunciato alla proposta disperata del presidente della Federcalcio Gabriele Gravina, che aveva pensato a lui per sostituire l'esonerato Luciano Spalletti. Ma Sor Claudio ha preferito tenersi lontano dalla panchina azzurra, mantenendo la parola data al patron giallorosso Friedkin di cui resterà il consigliere. Nessun doppio ruolo, dunque. E la scelta del nuovo Ct resta un rompicapo, difficile quanto la qualificazione diretta ai Mondiali 2026, già in bilico dopo appena 2 partite giocate (e il tracollo 0-3 contro la Norvegia al debutto che è costato il posto a Spalletti).
Ora la Figc sta valutando gli ultimi nomi disponibili: con Allegri già accasato al Milan, restano sul tavolo due "ragazzi del 2006" come Ringhio Gattuso e Daniele De Rossi, nella speranza di infondere un po' di senso di appartenenza e creare uno spirito di squadra fin qui inesistente, Stefano Pioli (che però è vicino al sì alla Fiorentina) oppure la per certi versi sconcertante opzione Roberto Mancini, che aveva lasciato proprio la panchina della Nazionale nell'estate del 2023 preferendo la vagonata di milioni dell'Arabia Saudita.
Ma perché Ranieri ha declinato la chiamata azzurra? Secondo la Gazzetta dello Sport (molto critica con il mister del Testaccio) c'è stato un "crescendo di dubbi" e un "travaglio emotivo, personale" riassumibili in "due tempi e tre atti". Domenica, la Figc ottiene il via libera dai Friedkin e chiama Ranieri. "La proposta è chiara, circostanziata - sottolinea la Rosea -, con un doppio ok a mantenere parallelamente la consulenza con la proprietà giallorossa. Si tratta di traghettare l’Italia nel momento più complicato, più delicato, della recente storia azzurra". In gioco infatti c'è la terza esclusione di fila da un Mondiale, uno scenario che potrebbe radere al suolo il calcio italiano e trascinare agli inferi anche parecchie poltrone.
"Come si può dire no all'Italia?", è l'interrogativo che ronza in testa a Ranieri. Il mister cena in famiglia, si consulta con le persone a lui più vicine, pare che qualcuno gli abbia fatto notare che il fuoco amico in quel caso colpirebbe anche lui: "Claudio, vedrai che ci sarà anche qualcuno che proverà a dubitare della tua buona fede, il giorno in cui convocherai un calciatore della Roma... Ma dai, non scherziamo".
Il lunedì mattina è ancora tutto incerto. Ranieri chiama finalmente i suoi collaboratori, ancora all'oscuro di tutto: li invita a non andare in vacanza, pre-allertandoli riguardo alla nuova avventura. C'è da risolvere una questione burocratica relativa al contratto con la Roma (non potrà più essere con il club, per ovvi motivi di conflitto d'interessi, ma direttamente con i Friedkin) e alla durata dello stesso. La bilancia però pende ancora in direzione del sì a Gravina.
"Il contratto già fatto nei particolari, il vademecum con le poche regole da non trasgredire nel doppio ruolo", scrive la Gazzetta, secondo cui Ranieri frena all'improvviso perché ossessionato da una certezza. "Qualcuno alla fine ci rimarrà male", Figc o Roma che sia. E alla fine vince l'unica convinzione maturata in questi ultimi mesi: "Se ho deciso di smettere di allenare, non posso tornare indietro. Ed è una decisione solo mia".