Dopo dodici anni alla guida del Coni, Giovanni Malagò si prepara a lasciare la presidenza. Tre mandati, nessuna possibilità di un quarto, nemmeno con una deroga per arrivare fino alle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026, opzione sulla quale aveva fatto un pensiero. “Poi un giorno di nemmeno troppo tempo fa ho capito che era finita, mi sono messo il cuore in pace e ho vissuto molto meglio”.
Alla vigilia del suo ultimo giorno da numero uno dello sport italiano, Malagò si è concesso in un'intervista a La Stampa, lasciando trasparire emozione e consapevolezza. Alla domanda su chi prenderà il suo posto, la risposta arriva senza esitazioni: “Luciano Buonfiglio”. Quella che lascia è per certo un'eredità pesante. "Meglio che parli in termini oggettivi. E quindi: lascio un prestigio altissimo sia nazionale sia internazionale dello sport italiano, il che visti tempi non è banale. E ancora: risultati sportivi mai ottenuti prima, i conti in ordine, un consenso che a guardare le imminenti elezioni mi sembra difficile da ottenere e un’offerta di eventi sportivi incredibili, uno su tutti i Giochi 2026", rimarca.
In dodici anni ha attraversato ben otto governi e sette presidenti del Consiglio. Dai Giochi invernali di Sochi, iniziati con Enrico Letta e terminati sotto Matteo Renzi, fino all’estate olimpica di Parigi con Giorgia Meloni. Come è cambiata, nel frattempo, l’Italia? “È molto più arrabbiata, meno tollerante e con minor fiducia nel futuro. Diversamente da me”. Un ottimismo controcorrente? “Premesso che il nostro sport va molto meglio del Paese, faccio il tifo per Giorgia Meloni e spero che vinca la sua scommessa a medio-lungo termine. Io sono un patriota”. Una definizione che oggi divide, ma lui non arretra: “Non me ne frega nulla. E poi patriota non significa nazionalista”, rimarca Malagò. Insomma, un bell'endorsement per Giorgia Meloni. Con buona pace della sinistra.