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Venus Williams che vince a 45 anni: brutto segnale per il tennis in rosa

L'americana non metteva piede in campo da quasi un anno e mezzo e ha un fisico a mezzo servizio ma ha batutto una top 40
di Carlo Galati giovedì 24 luglio 2025

2' di lettura

Il cerchio che si chiude. O forse che si riapre, come solo le leggende dello sport sanno realmente fare. Era il 1994 quando Venus Williams, al debutto da professionista al Bank of the West Classic, batté Shaun Stafford 6-3 6-4. Stesso punteggio ieri, trentuno anni dopo. Cambia solo il nome dell’avversaria: Peyton Stearns, 23 anni, numero 34 del mondo. Ma in campo c’era ancora lei, Venus, oggi 45enne, rientrata dopo sedici mesi di inattività, senza classifica, con le ginocchia scricchiolanti ma una testa che continua a fare la differenza. Con questo successo - il primo dal 14 agosto 2023, quando a Cincinnati sconfisse Kudermetova - Venus è diventata la giocatrice più anziana a vincere un match Wta dai tempi di Martina Navratilova, che nel 2004 superò Catalina Castano a Wimbledon a 47 anni. Un traguardo che racconta un’impresa, ma che al tempo stesso solleva un interrogativo non banale.

Se una giocatrice che non mette piede in campo da quasi un anno e mezzo, con alle spalle una carriera già leggenda e un fisico a mezzo servizio, può battere in due set una top 40 nel pieno della maturità atletica, cosa dice questo del tennis femminile di oggi?

Stearns, campionessa Ncaa 2022, è una delle giovani su cui la Usta (la federazione Usa) ha investito. Ha già giocato Slam, ha gambe fresche e spalle larghe, ma contro Venus è apparsa spenta, frenata, quasi intimorita. Nessuna reazione, poca iniziativa, una partita mai davvero in discussione. Williams, invece, ha portato in campo il suo solito tennis: servizio pulito, colpi piatti ben piazzati, ritmo intelligente e ovviamente un bagaglio di esperienza che col tempo non svanisce, anzi si concretizza valorizzando con la mente azioni che il corpo non riuscirebbe a gestire; tutto rallentato dagli anni, ma ancora tremendamente efficace. Come se, almeno a certi livelli, il tennis femminile non fosse evoluto abbastanza da rendere questa versione di Venus un reperto da museo.
Non è una colpa della Williams, che continua a sorprendere per forza di volontà e amore per la competizione. Lei ha già vinto tutto: Wimbledon, lo US Open, è stata numero uno del mondo, pioniera della parità di premi e icona oltre lo sport, ma il fatto che nel 2025 basti una sua versione rientrante e tutt’altro che al meglio per sconfiggere una professionista vent’anni più giovane, è un segnale quantomeno da sottolineare.
La sensazione è che nel circuito Wta manchi profondità reale, che ci siano molte interpreti, ma pochi punti di riferimento solidi. I nomi si moltiplicano, i risultati no. La continuità è merce rara, la personalità pure. E allora, ben venga Venus che vince ancora. Ma se per trovare affidabilità bisogna guardare chi ha cominciato a vincere nel secolo scorso, forse è il caso di guardarsi allo specchio. Venus ci emoziona, certo, ma il tennis femminile, oggi, deve farsi qualche domanda in più.

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