Alla vigilia degli Us Open, che affronterà da campione in carica, Jannik Sinner si regala una intervista intima e privata sul Corriere della Sera, svelando lati nascosti della sua vita e della sua formazione. Un esempio? Come passa il tempo a New York, tra un allenamento e un appuntamento media.
"So di avere un po' più tempo e c'è un negozio di Lego molto vicino al mio hotel - racconta l'altoatesino, numero 1 al mondo -. Perciò ci sono andato, ho comprato una Porsche. E l'ho finita in un giorno, in cinque ore. Allora ho pensato: me ne serve una più grande. Il mio istinto mi dice che l'ultima che ho preso è troppo grande... Ma mi piace. Metto su la musica e penso ad altro. Quando sei un tennista o un atleta, hai così tanti pensieri nella testa, e anche pressioni. Tutto il tempo. E quindi di sera mi piace".
Decisamente lontano dalla mondanità amata, per esempio, dal suo grande rivale Carlos Alcaraz. Peraltro, lo spagnolo nelle stesse ore dell'intervista di Jannik ha sottolineato come a Flushing Meadows l'italiano abbia "un bersaglio bello grosso" sulla schiena, dicendo di volerlo sfidare in finale. Lo spera anche Sinner, confidando che vada meglio rispetto a qualche giorno fa a Cincinnati, quando l'ultimo atto è finito dopo appena 23 minuti, sullo 0-5 per Carlitos, con Sinner costretto al ritiro a causa di un fortissimo virus.
Oggi, rassicura il 24enne di San Candido, "sto bene, è il primo giorno dove sto di nuovo bene. Dove tutte le cose vanno bene". "Credo che sono sempre stato una persona umile e non mi piace dire 'sono il numero uno al mondo'. Posso dire che sono un giocatore forte, però credo che si diventa numero uno non solo in campo da tennis ma per come gestisci le cose fuori dal campo, come ti comporti", prosegue. E nel colloquio pubblicato sul Sole 24 Ore sottolinea come "per arrivare al punto in cui mi trovo ho dovuto accettare alcuni miei difetti e all'inizio ho fatto fatica". Il più grande, "non essere paziente, volere tutto e subito. Non era questa la soluzione, bisogna insistere su ogni dettaglio e poi mettere insieme pian piano i pezzi del puzzle. Il che non vuol dire che ora, da numero uno, il lavoro sia completo, ce n'è ancora da fare, ma i progressi sono impercettibili, a volte non sembra di vederli e invece stai andando avanti. Sicuramente il mental coach è importante, lavoro con Riccardo (Riccardo Ceccarelli, ndr) da tanti anni, è un aspetto da cui volevo partire perché sentivo un piccolo deficit".