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Milan e Inter senza i loro cori: così San Siro non è San Siro

Ultrà in sciopero per protesta contro le decisioni della procura sui tifosi indesiderati. L'effetto è straniante: lo stadio in balia degli ospiti rischia di annientare la passione
di Fabrizio Biasin mercoledì 27 agosto 2025

3' di lettura

L’altra sera l’Inter ha stravinto 5-0 contro il Toro. Partitona. San Siro era ben pieno. I dati ufficiali dicono che sugli spalti campeggiavano 72332 spettatori. In realtà ce n’erano un po’ meno, ché una quintalata di abbonati è legittimamente ancora al mare o in montagna. Mancavano anche gli ultrà, quelli della Nord, rimasti al Baretto in segno di protesta. Un comunicato chiariva i motivi: «...ci troviamo costretti ad affrontare un’altra annata all’insegna di abusi, divieti e restrizioni e quindi resteremo fuori». Nonostante tutto la curva era piuttosto satura perché nessuno è stato obbligato a disertare ma, certo, l’effetto scenico si è fatto vedere (zero bandiere o striscioni) e sentire (niente cori). La stessa cosa è capitata sabato in occasione di Milan-Cremonese, ma in Curva Sud: silenzio generale e tifosi avversari che spadroneggiano.

L’effetto è inedito, spiazzante, a tratti avvilente: in un caso i supporter grigiorossi che impongono la loro gioia, dall’altro i granata che inneggiano contro la proprietà. In entrambi i casi risultano padroni a domicilio. Questa faccenda - già consuetudine a Torino, sponda Juve- ora è diventata questione anche milanese e i motivi ben li conosciamo: i disastri gestionali di pochi (ultras ben presto finiti nelle pagine di cronaca nera) sono diventati problema generale sotto forma di “imposizioni di massa”: niente vessilli, bandiere, striscioni e, soprattutto, niente abbonamenti per gli iscritti - loro malgrado - alle cosiddette black list, le liste che comprendono amici degli amici, ex daspati, ma anche semplici frequentatori della curva incensurati e però poco graditi alla procura che ha imposto il “fuori dalle balle” (al massimo ci si può abbonare in altri settori) e, al momento, non ha dato spiegazioni. O meglio, ha provato ad avvisare lor signori nel corso degli anni secondo l’assunto «Non tirate troppo la corda che poi si spezza» fino a quando la corda si è spezzata.

Sulla questione esistono diversi punti di vista, molti dei quali condivisibili. I ragazzi della curva dicono «Perché punire anche noi che non c’entriamo nulla con i delinquenti e ci siamo ufficialmente dissociati?». Altri replicano «quel che è accaduto un anno fa è troppo grave per pensare che non si debba ripartire da un totale azzeramento del tifo, fatevene una ragione».

In un caso o nell’altro esiste un dato di fatto, ben visibile (e udibile) da chiunque abbia assistito alle partite di Milan e Inter: San Siro senza tifo è irriconoscibile. La frase fatta sul “12° uomo capace di spostare punti” termina di diventare “frase fatta” nel momento in cui il 12° uomo non si palesa: Milan e Inter (così come la Juve da tempo) giocheranno formalmente in casa ma in realtà concederanno agli ospiti di turno il diritto di spadroneggiare. Per carità, si può giocare a calcio anche senza tifo ma al momento fa impressione assistere a scene come quella di lunedì sera, con i giocatori dell’Inter che per “deformazione professionale” vanno sotto la curva al 90° a prendere gli applausi ma la curva, banalmente, non c’è.

Servirebbe del buonsenso, quello che raramente fa capolino nel mondo del calcio, con la procura che viene incontro alla parte sana delle curve e i rappresentanti delle stesse che comprendono di dover accettare qualche compromesso per il bene della loro squadra del cuore. L’alternativa è una stagione con un San Siro ridotto a teatro e qualche coro sporadico e mal coordinato che parte qua e là in un angolo qualsiasi del Meazza. Francamente una tristezza.

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