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Juventus, perché è l'ora di Spallettone

di Claudio Savelli mercoledì 29 ottobre 2025

3' di lettura

Due destini che si incrociano nel punto più basso, uniti da un bisogno disperato e reciproco: la redenzione. L’accordo sempre più vicino tra la Juventus e Luciano Spalletti (indicativo che Comolli ieri abbia incontrato l’ex ct in persona mentre il dt Modesto ha voluto e dovuto presentare Palladino allo stesso Comolli) si basa sull’unione di due mondi feriti che cercano di guarirsi a vicenda. Un matrimonio di interesse, oltre che interessante. Da un lato, un tecnico che ha una voglia matta di rimettere a posto la “ferita” del fallimento azzurro, dall’altro una Juve che, dopo gli esperimenti falliti con Thiago Motta e Tudor, si dovrebbe affidare finalmente a un top coach, quasi ammettendo che persino l’ultimo criticatissimo Allegri aveva tenuto la barra dritta meglio dei suoi successori.
Il flop di Spalletti in Nazionale è stato clamoroso proprio perché ha messo a nudo la sua vera natura: è un allenatore da conoscere, masticare, digerire. L’antitesi del commissario tecnico. La missione che lo attende alla Juventus è profondamente da allenatore, anzi, di più: è da manager.

Non basterà sistemare una rosa mal costruita - probabile un 4-3-3 in stile Napoli, con Thuram e Koopmeiners mezzali, e Openda utilizzato come vice Conceicao a destra - ma dovrà anche coprire le enormi lacune di una dirigenza ancora in costruzione, con un Comolli ancora da decifrare, un Modesto dal ruolo oscuro e un direttore sportivo che, incredibilmente, non c’è. E il fatto che la Juve abbia cambiato tecnico prima ancora di dotarsi di un ds è l’ennesimo segnale del caos gestionale. E qui si arriva alla redenzione che deve cercare la Juventus stessa. Quella dagli errori di una gestione che ha pensato di poter far crescere degli allenatori emergenti, finendo solo per bruciarli. Il rischio che anche un nome "ingombrante" come quello di Spalletti possa entrare in conflitto esiste, ma oggi la sua fame di riscatto è troppo grande. Lo ha ammesso lui stesso, a margine dell’evento di presentazione dello spot Amaro Montenegro in cui si riconcilia con Totti, a proposito di redenzioni: «Sono aperto a parlare con chiunque perché devo rimettere a posto quello che mi è successo». Nonostante avesse giurato di non allenare più in Italia dopo Napoli (si è anche tatuato il terzo scudetto, cosa che alcuni tifosi bianconeri non gradiscono), il fallimento azzurro lo ha costretto a fare marcia indietro. E la Juve, «un grande club, una grande storia, una squadra ben allenata da Tudor», è l’occasione perfetta.


In questo scenario di attesa e ricostruzione c’è un presente dimenticato. Perla sfida (alle 18.30, diretta Dazn) contro l’Udinese, la Juventus scenderà in campo affidata a Massimo Brambilla. E dato che si gioca allo Stadium, non è da escludere un clima ostile verso la dirigenza che nel frattempo lavora su due tavoli: Modesto con Palladino, Comolli con Spalletti. Entrambi hanno accettato gli 8 mesi di contratto più opzione di rinnovo proposti dalla Juventus, ma se dal primo se l’aspettavano, dal secondo un po’ meno e la cosa ha piacevolmente colpito Comolli. L’ex ct è carico e convinto di poter rilanciare una big in crisi, avendo già nel curriculum un caso simile: nel gennaio 2016 subentrò a Rudi Garcia nella Roma e riuscì a dare subito la sua impronta, macinando un girone di ritorno da record, portando la squadra al terzo posto e totalizzando 84 punti in quell’anno solare. Insomma, la Juve ha un disperato bisogno di Spalletti e Spalletti ha un disperato bisogno della Juventus. In questi casi, di solito, i matrimoni s’hanno da fare.

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