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POVERO SINNER, TROPPO TEDESCO IN ITALIA E TROPPO POCO AUSTRIACO PER GLI SCHÜTZEN

Signorimiei, ma che vi ha fatto Jannik Sinner? Certo, il prezzo della celebrità lo pagano tutti, nessuno escluso, ma il continuo pungolare il “carota” ha la cifra dell’ossessione
di Andrea Tempestini sabato 8 novembre 2025

3' di lettura

Signorimiei, ma che vi ha fatto Jannik Sinner? Certo, il prezzo della celebrità lo pagano tutti, nessuno escluso, ma il continuo pungolare il “carota” ha la cifra dell’ossessione. Tarlo indecifrabile, soprattutto perché lui non se le va a cercare: si fa gli strafatti suoi, zero polemiche, figurarsi grilli per la testa. Tant’è, dopo la rinuncia alla Davis bolognese (e dopo due Davis da lui e lui soltanto messe in bacheca) il ragazzo di San Candido è stato maciullato: «Traditore!», «Evasore! «Pensa solo al soldo! », e via sproloquiando. Dunque Jannik ha detto ciò che doveva dire e che con discreta approssimazione pensava: «Sono orgoglioso di essere italiano, felice di essere nato qui e non in Austria, o da un’altra parte».

Tutto a posto? Figurarsi, ai Gramellini e agli Augias non basterà. Ma qui, il punto, è che la rivendicazione dell’amor patrio finisce con l’aprire un nuovo fronte: quello con gli Schützen sudtirolesi. Schützen significa “tiratore” o “cecchino”, ex formazioni militari e ora associazioni culturali. In Alto Adige rivendicano il legame con l’Austria e l’identità tirolese: secessionisti a cui il tricolore, eufemismo, non va a genio. E mister Christoph Schmid, comandante provinciale degli Schützen dell’Alto Adige (Südtiroler Schützenbund), non ha gradito le parole di Jannik e lo ha fatto sapere con una lettera aperta. L’accusa rivolta al figlio di San Candido è quella di essere «troppo italiano». Paradossale. Assai identitario ma, senza rancori, piuttosto farsesco. Orbene, entriamo nel dettaglio della missiva, in cui Schmid si rivolge direttamente a Sinner: «In una società libera, ognuno può definire la propria identità. La tua dichiarazione dunque è diritto di tutti e merita rispetto».

Ma fino a un certo punto: «Caro Jannik, sai anche che affermazioni come questa - soprattutto se escono dalla bocca di una personalità così nota – hanno un impatto che va ben oltre lo sport. Vengono accolte con compiacimento non solo dai nazionalisti in Italia, ma allo stesso tempo sono viste con preoccupazione da alcuni qui in patria. Perché toccano questioni di importanza centrale per noi: la nostra lingua, la nostra storia, la nostra identità». Il caso, dunque, è politico. L’accusa esiziale: il “carota” attenta all’esistenza del Südtirol. Gli Schützen ricordano a Sinner che «questa stessa Austria che “rifiuti” si è instancabilmente impegnata per i diritti della popolazione sudtirolese in decenni difficili (...). Senza questo impegno, la nostra attuale autonomia, la nostra prosperità e forse persino il tuo dialetto pusterese, unico e familiare, difficilmente sarebbero sopravvissuti». Ragioni per le quali «fa male quando personalità di spicco del nostro Paese, con parole avventate, danno l’impressione che questo legame storico e l’autonomia faticosamente conquistata siano diventati insignificanti». Segue perentorio appello: «Quando in futuro ti verrà chiesto del tuo sentire nazionale, ti preghiamo di considerare la portata delle tue parole. Parla – se vuoi – della tua appartenenza all’Italia, ma fallo con rispetto verso tutti coloro che si identificano come sudtirolesi, ladini o membri di un’altra minoranza». Insomma, Sinner lo sfrontato dopo aver offeso l’Italia è colpevole di vilipendio al Südtirol. Se vuole, può parlare di Italia, ma con moderazione. Anzi, farebbe meglio a dire quel che gli Schützen o l’italico fustigatore di turno vorrebbero sentirgli dire. Ragione per cui, qualunque cosa dirà, almeno da una prospettiva sarà sbagliata. Ma sai che risate che si sta facendo Jannik.

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jannik sinner

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