La cosa bella di Cesare Prandelli è che pensa positivo, sempre. Lo ha fatto quando la vita lo ha messo a dura prova in contesti ben più complicati di uno spareggio per il mondiale, figuriamoci ora. Dispensa serenità e ottimismo, non allena più ma studia ancora il calcio.
Cesare, perché in Italia tutto viene vissuto come un dramma?
«Perché siam fatti così. La nazionale di Gattuso deve solo accettare la realtà, non frignare e affrontare la sfida di marzo con l’Irlanda del Nord scacciando le negatività».
Persino la storia ci è contro: nel ’58, a Belfast, fu proprio l’Irlanda del Nord a toglierci il primo mondiale.
«Però questo modo di ragionare è contagioso e affligge tutti, anche i giocatori».
I fatti: sono due mondiali che stiamo a casa.
«Lo so bene ma ora non è tempo di alibi, di lamentele sulle formule di qualificazione né di processi. Gattuso ha detto: stiamo uniti e giochiamocela. Il gruppo vince, il singolo perde».
Si vocifera di stage e giorni in più da concedere al ct per gli spareggi.
«No, i giocatori sono uomini e sanno bene cosa fare e cosa evitare. Più utili un paio di cene insieme per guardarsi negli occhi che 4 giorni rinchiusi a Coverciano».
Mancano i leader, in questa squadra?
«Tonali lo può essere in mezzo, e Donnarumma dietro. Ma, ripeto, serve una mentalità diversa che non richieda per forza un leader».
Davanti siamo messi bene con Kean ed Esposito.
«Quei due hanno dato ottimi segnali ma quello che manca è un giocatore che salti l’uomo. Già nei vivai si parla di 3-5-2 o 4-2-3-1... E i talenti, i numeri 10 di un tempo, li mettono davanti alla difesa e lontani dalla porta».
La tattica ha ucciso la tecnica?
«Sì. Vatta nelle giovanili del Toro o Favini a Bergamo istruivano, non allenavano».
Segue il campionato?
«Sempre. Mi divido fra la Toscana e Orzinuovi dove ho ancora la mamma. Spesso vado a trovare mio figlio che è nello staff del Bologna mentre mia figlia vive a Nairobi, lavora per l’Onu e mi ha reso nonno due volte. Però domenica voglio godermi il derby che promette bene, sarà scintillante e ricco di gol».
L’Inter è tornata imbattibile: delle ultime 11 partite ne ha vinte 10.
«Dedicandole a chi criticava Chivu dopo un paio dipartite storte. Ma secondo costoro, Marotta affidava questa corazzata a un allenatore nel quale non crede?».
L’Inter gioca diversamente dagli anni scorsi.
«Naturale, ogni allenatore propone il calcio in cui crede. Ma aggiungo: Chivu non è bravo soltanto nella comunicazione, nelle conferenze stampa come sento dire».
Domenica è favorito?
«Il Milan ora è solido, Allegri gli ha dato coerenza tattica e Tare ha preso giocatori giusti per i ruoli da coprire al meglio. Vedi Rabiot».
E Leao sta facendo finalmente il Leao.
«È fortissimo, pecca di continuità ma un estroso qual è il portoghese, potrà mai essere sempre continuo?».
Il Napoli arranca. Ripeterà l’orrido campionato post-scudetto con Spalletti?
«No, Conte ha capito l’antifona e ha strigliato la squadra e si è preso una pausa di tre giorni. Vuole responsabilizzare i giocatori che devono darsi una regolata, basta coccole. E la società ha preso le parti di Antonio».
La squadra che la diverte di più?
«Lo spirito che mi diverte di più, direi. Ce l’ha il Bologna: quando pressa alto sembra che lo stia facendo tutto lo stadio. Italiano li fa giocare con gioia, anche quando non vincono. Le pare poco in questo calcio?».
Prandelli, davvero non ha più intenzione di tornare in panchina?
«No. Magari mi piacerebbe allenare gli... allenatori. Dare una mano in federazione e creare un qualcosa che aiuti il calcio a crescere».
Ultimo flash azzurro: se le cito Mondiali in Brasile 2014, cosa pensa?
«Rivedo la partita che abbiamo perso con il Costarica. Però a quel mondiale, almeno, c’eravamo andati. E dopo un Europeo perso due anni prima in finale contro una signora Spagna».