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Jannik Sinner, soldi e tv: un capolavoro tutto italiano

di Carlo Galati martedì 25 novembre 2025

3' di lettura

Da quasi un quarto di secolo Angelo Binaghi governa il tennis italiano. Presidente della FITP dal 2001, ha attraversato ere, rivoluzioni, rinascite, fino a diventare il timoniere di un movimento che oggi marcia fiero, vincente, riconoscibile. Billie Jean King Cup, Coppa Davis, un campione come Jannik Sinner a guidare un popolo che cresce ogni giorno: appassionati, curiosi, famiglie, tifosi. 

L’Italia che corre dietro al tennis come mai aveva fatto prima, fino a sfiorare per quanto ancora lontano l’orizzonte che sembrava intoccabile del calcio. Binaghi questo percorso lo racconta con la serenità di chi, prima di governare, ha vissuto il tennis da dentro. «Sono stato un buon sportivo a livello accademico dice quasi con pudore ho vinto due argenti alle Universiadi in doppio e sei titoli universitari». Dalla passione del ragazzo sardo di Cagliari al presidente che oggi parla da leader di un Paese diventato potenza mondiale, il passo non è stato breve, ma è stato continuo. E nel momento più caldo della stagione, alla vigilia della finale di Coppa Davis a Bologna, Binaghi ha toccato un nervo che va oltre il campo: i diritti televisivi. «Questa della Davis è una bella storia tra noi e la Rai. Siamo titolari dei diritti e li abbiamo presi proprio per convincere la Rai a iniziare a riconoscerci quello che viene riconosciuto alla Nazionale di calcio. Credo che Cobolli, rispetto a Scamacca, con tutto il rispetto, debba avere pari diritti e opportunità per farsi conoscere da tutti gli italiani».

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Parole pesanti, pronunciate nella sala stampa di un torneo che l’Italia rivedeva in casa dopo 27 anni. E Bologna città che ha risposto con entusiasmo contagioso ha offerto il contesto perfetto per un bilancio che Binaghi ha snocciolato con precisione: «Oltre 61.000 presenze, l’11% internazionali. Biglietti da 73 Paesi diversi, contro i 39 dell’anno scorso in Spagna. Da un contributo statale di 6,5 milioni, abbiamo generato un gettito fiscale di 24,2 milioni». Numeri che inchiodano un concetto: il tennis oggi produce valore. E lo fa in grande scala.

Il capitolo tv, però, resta quello che lo inorgoglisce davvero. «Vedere il tennis monopolizzare il primo canale di Stato è stato uno dei miei sogni più belli», confessa. La finale in chiaro, su Rai 1, con il palinsesto stravolto per far posto all’Italia. «Purtroppo per le ATP Finals la situazione è diversa. I diritti sono gestiti da ATP Media, di cui siamo azionisti. Le vicissitudini degli ultimi anni non depongono bene, ma siamo fiduciosi: serve che questi organismi mettano in secondo piano la profittabilità rispetto alla promozione del tennis. È un investimento che ripaga nel lungo periodo». E poi l’affondo da dirigente, da politico: «Se Alcaraz arriva in semifinale al Roland Garros, gli spagnoli hanno il diritto di vederlo in chiaro. In Italia questo non accade. La passione che c’è oggi è un fattore sociale enorme, è un diritto che deve essere riconosciuto».

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Un presidente che non si limita a celebrare successi, ma che ragiona da stratega, consapevole del fatto che questa epoca rappresenti un’occasione irripetibile: l’italtennis è forte, trainante, bella da vedere, finalmente ammirata in tutto il mondo; va fatta vedere a tutti. E forse è davvero questo, oggi, il traguardo più vicino all’orizzonte. Vittoria dopo vittoria, record dopo record, con un presidente che, nel bene e nel male, ha sempre avuto chiara la rotta, ad oggi con una stella polare di nome Jannik come riferimento.

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