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Roma, truffa clamorosa: i lingotti e il prete, due fratelli rovinati

di Roberto Tortora giovedì 4 dicembre 2025

2' di lettura

Villa di lusso, contanti in nero, un intermediario distinto e persino un sacerdote in tonaca come garante morale. Parole chiave di una sceneggiatura da thriller o da spy story cinematografica? No, qui siamo nella realtà e in questa vicenda c’erano tutti gli ingredienti del raggiro perfetto, nella truffa che ha mandato in fumo 80mila euro in lingotti d’oro a due fratelli calabresi. Un colpo studiato nei dettagli, sul quale ora indaga la polizia, che sembra uscito da un romanzo di Carrisi. E invece è tutto terribilmente vero.

Tutto nasce dall’annuncio online per la vendita di una grande villa di famiglia in Calabria. Uno dei due fratelli vive lì, l’altro a Roma. Dopo pochi giorni li contatta una sedicente agenzia immobiliare: l’interesse sarebbe addirittura del Vaticano. Il prezzo? Allettante. Anzi, clamoroso. Oltre al valore “ufficiale” dell’immobile, i due avrebbero potuto incassare 200mila euro in nero. Il contatto è suadente, la voce sicura. E loro ci cascano.

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Entra in scena il faccendiere: un cinquantenne elegante, che si presenta come esperto di operazioni complesse. Spiega che, per sbloccare l’affare, serve una “garanzia”. Non in contanti, però: in lingotti d’oro per 80mila euro. In cambio, promette una valigetta piena di banconote. L’ultimo atto va in scena in un hotel a cinque stelle, zona Termini. E qui arriva il colpo da maestro: il finto sacerdote, tonaca impeccabile e aria serafica, che fa da garante morale dell’operazione.

Sorrisi, strette di mano, lo scambio. Poi la frase che suona oggi come una beffa: “Ci vediamo domani dal notaio”. Appena i tre si allontanano con l’oro, i fratelli aprono la valigetta. Dentro, decine di mazzette da 100 e 50 euro. Ma sono tutte false. Fac-simile. Carta straccia. La truffa è compiuta. Sconvolti, i due si presentano al commissariato con la valigetta delle banconote finte. Gli investigatori parlano di una banda organizzata, con ruoli ben definiti e probabilmente già attiva in altri raggiri simili. Il finto prete, spiegano fonti di polizia, sarebbe la chiave psicologica del colpo. Perché davanti alla tonaca, anche i sospetti più robusti possono cadere. E così, tra oro, talari e sogni di guadagni facili, due famiglie si sono ritrovate con un pugno di mosche.

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