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Immigrazione, Vittorio Feltri: "La vera questione? Come rispedirli a casa"

Vittorio Feltri
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È una bomba ad orologeria la questione immigrazione in Italia. Non esiste un altro Paese non soltanto in Europa ma nel mondo intero il quale accolga ogni mese migliaia e migliaia di clandestini, chiamati impropriamente da stampa e istituzioni “richiedenti asilo”, prima ancora che abbiano richiesto asilo, o “profughi”, prima ancora che venga loro riconosciuto lo status di “profugo”, evento che non si realizza quasi mai, stando alle statistiche. Si è così creata questa consuetudine malata, folle, pericolosa in base alla quale, da un lato, noi siamo costretti ad incamerare tutti, altrimenti ci becchiamo accuse di disumanità, e, dall’altro, chiunque intenda trasferirsi nel vecchio continente sa che può salire su un barchino, senza documenti, e dirigersi alla volta delle coste italiane, una volta raggiunte le quali troverà porte aperte - ma che dico? - spalancate.

Questa prassi cui ci siamo tragicamente assuefatti al punto che chi contesta tali storture, chiedendo legalità, viene incriminato e definito “razzista” o “fascista” è foriera di giganteschi guai, cosa che da lustri ignoriamo. Ragioniamo: non siamo un Paese in espansione economica, in crescita, bensì afflitto da stagnazione, inflazione, carovita e chi più ne ha più ne metta. Gli stipendi sono fermi da decenni. I tassi di disoccupazione non sono felici. Eppure si pretende che l’Italia, ritenuta El Dorado, procuri una esistenza nuova e gaia e prospera a milioni di immigrati illegali che giungono qui a valanghe senza nulla in tasca e anche senza competenze da adoperare nella ricerca di una occupazione. E si pretende che noi li manteniamo, ce ne prendiamo cura, forniamo loro una casa, pasti, assistenza, supporto, tutto a nostre spese. Per quanto tempo? Per sempre.

La questione non dovrebbe essere: come distribuire i migranti sulla penisola. La questione da affrontare deve essere: come rispedire i migranti verso i loro rispettivi Paesi di provenienza. Qui non possono stare. Ce ne sono troppi in regime di accoglienza. Le strutture mancano. I bandi vanno deserti perché l’ospitalità non conviene più, ma genera danni e fastidi. Questo carrozzone dell’accoglienza funziona da sempre così: arrivano quelli nuovi e vengono sbattuti per strada quelli arrivati prima, in quanto bisogna pur metterli da qualche parte. Ed ecco che i livelli di insicurezza nelle città grandi e piccole, da Nord a Sud, crescono, aumentano le violenze di ogni tipo, dai furti con arma da taglio alle aggressioni e agli stupri. E spesso ci scappa pure il morto. L’ultima vittima è la signora sessantenne che a Rovereto è stata massacrata di botte da un nigeriano già noto alle forze dell’ordine. Ormai questo è il nostro pane quotidiano, fatti all’ordine del giorno. Basta fare un giro intorno alle stazioni centrali di qualsiasi cittadina per rendersi conto del mare di disperati che campano sul marciapiede, clandestini che abbiamo accolto anni fa o mesi fa e che sopravvivono di espedienti seminando un clima di terrore.

I sondaggi lo confermano, come quello di Alessandra Ghisleri, presidente di Euromedia Research: gli italiani temono le terribili conseguenze di una accoglienza fatta senza discernimento, senza limiti, senza regole, basata su un unico criterio, ovvero “si fa entrare chiunque”. Un principio di illegalità che non contiene nulla di umano e razionale ma che pure si sta affermando, anzi si è già affermato, come parametro assoluto, indiscutibile e giuridicamente giusto. $ già troppo tardi per cambiare rotta, evitando le ripercussioni di politiche disastrose protrattesi per decenni, e questa è la ragione per la quale non possiamo più perdere tempo. Insisto: occorre proteggere le frontiere, porre un argine deciso all’accoglienza, senza tentennamenti, lo vogliono gli italiani, è necessario rispedire a casa tutti coloro che non hanno titolo per permanere in Italia, inclusi i nuovi arrivati. Altro che distribuzione! 

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