La sentenza

Migranti, i giudici sfidano il governo: "Illegale trattenerli"

Ruben Fortis

La macchina del soccorso giudiziario al migrante non conosce soste. Ieri il giudice del Tribunale ordinario di Catania (sezione immigrazione) Iolanda Apostolico ha deciso l’immediato rilascio del ventisettenne tunisino Zouidi Mohamed Amin, annullando così il provvedimento amministrativo (adottato in precedenza dal Questore di Ragusa) che aveva disposto il “trattenimento” del richiedente asilo nei nuovi appositi centri di permanenza.

Morale: l’uomo adesso è libero. È vero che l’iter dell’espulsione andrà avanti lo stesso, ma è evidente la clamorosa opportunità concessa all’interessato di rendersi irreperibile. In questo senso, non può purtroppo essere dimenticata la lunga scia di crimini commessi da soggetti che si trovavano in condizioni analoghe: si pensi solo ai due cittadini marocchini responsabili, negli scorsi mesi, dell’assassinio di una tabaccaia a Foggia e di un’infermiera a Roma.
È il tema che Libero ha posto da giorni: la sinistra solleva critiche vibranti contro i nuovi centri di permanenza, ma finge di non capire quale sia l’alternativa della quale potranno far tesoro anche soggetti pericolosi: essere lasciati liberi di circolare nelle nostre città.

 

 

 

Ferma restando la presunzione di innocenza, pure il tunisino beneficiario del via libera di ieri è un soggetto la cui richiesta di protezione proietta ombre da non sottovalutare. Si legge testualmente in quel documento: «Ha aggiunto di essersi allontanato dal Paese di origine per dissidi con i familiari della sua ragazza, i quali volevano ucciderlo, ritenendolo responsabile del decesso di quest’ultima, annegata in un precedente tentativo di raggiungere le coste italiane». Da qualunque lato si guardi la questione, non pare esattamente rassicurante il fatto che, in attesa dell’espulsione, il ventisettenne possa muoversi sul nostro territorio, indisturbato e senza alcun controllo.

Dopo la decisione del Tribunale di Catania, è stata netta la reazione proveniente da fonti del governo: «Ce lo aspettavamo. Impugneremo. La procedura di espulsione comunque va avanti anche senza il trattenimento». Su quest’ultimo punto non c’è alcun dubbio. I dubbi sorgono rispetto al rischio che il soggetto si renda irreperibile.

 

 

E, su un altro piano, emerge l’oggettivo ruolo di “opposizione” svolto da un’istanza giurisdizionale. Anche rispetto a norme appena varate, scatta dunque un’immediata tendenza giudiziaria a un’interpretazione ultrafavorevole al migrante, e contestualmente volta a circoscrivere e depotenziare il cuore delle nuove norme varate dal governo. La decisione del magistrato catanese rischia dunque di contribuire a una prassi ormai consolidata: usare, anche da parte dei migranti economici, la richiesta di asilo come “scudo” per rimanere in Italia, allontanare l’espulsione, e far tesoro di ogni possibile strategia giudiziaria per opporsi alle misure del governo (vecchie e nuove, anzi nuovissime). Va peraltro ricordato che, su 100 migranti sbarcati sulle nostre coste, solo 10-12 si rivelano dotati dei requisiti per essere considerati rifugiati, mentre per i restanti 88-90 la richiesta d’asilo viene respinta. Ma l’orientamento giurisprudenziale, anche rispetto alle norme più recenti adottate del governo, pare già volto a fornire una sorta di soccorso togato al migrante.