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Bologna rossa e islamista: l'inquietante predica dell'imam

di Claudia Osmetti mercoledì 25 giugno 2025

3' di lettura

Per fortuna che il suo predecessore, Zulfiqar Khan, è stato espulso dall’Italia nell’autunno dell’anno scorso per motivi di sicurezza nazionale. Da quando, alla moschea Iqraa di Bologna, nel rione Corticella, è arrivato il nuovo imam, Omar Mamdouh, la predica non è cambiata: stesso sfondo (uno scranno di legno e dietro un pannello che pare finto marmo), stessa postura (la guida religiosa al microfono di una telecamera collegata ai social network: nel caso di Mamdouh è il canale “Il vero islam” su TikTok, in quello di Khan era una pagina Facebook, ma la sostanza resta invariata), stessa veste bianca con annesso copricapo. Cambia solo la barba, quella di oggi è più corta e meno grigia.

«L’islam raggiunge tutti i posti del mondo», pontifica Mamdouh ai suoi seguaci (letteralmente, trattandosi di un mix tra fedeli e followers digitali; ne ha circa 20mila e i suoi post raggiungono anche i 180mila “mi piace”), «arriverà la religione in tutte le case, l’islam arriverà dove arrivano il giorno e la notte».

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Ancora: «Quando arriva il Natale e i nostri fratelli musulmani fanno gli auguri è una cosa che non si può fare. Loro dicono che a Natale, il 25 dicembre, è nato il figlio di Dio, ma dire che Allah ha un figlio per noi è un insulto. A quel punto io divento molto nervoso e queste cose non le accetto. Allah è unico. Allah è assoluto, non è stato generato e non c’è nessuno uguale a lui». Poi: «Nell’islam non esiste una cosa che si chiama “femminismo”». E infatti: «Per principio l’uomo non può parlare con la donna e viceversa, a meno che non sia strettamente necessario. Se per esempio la donna, su un autobus, deve chiedere indicazioni all’autista, lo può fare, ma non può iniziare a scherzare o fare complimenti e domande: questo è vietato». E infine: «Adora il tuo signore finché non arriverà la morte, e noi dobbiamo ricordare a queste persone che arriverà la morte».

“Queste persone”, a scanso di equivoci, siamo noi occidentali, noi italiani per primi che il Natale lo festeggiamo e siamo pieni di movimenti a favore dei sacrosanti diritti delle donne (a proposito, ragazze dei collettivi: niente da dire neanche ‘sta volta?), che sugli autobus o nel metrò parliamo a chi ci pare e piace. «Se volete togliere il velo prima andiamo nelle chiese, perché anche le suore indossano il velo. Allora fatelo togliere a tutti»: vero, però con una differenza di non poco conto. Non è più l’epoca della monaca di Monza e le suore, oggidì, in Europa, scelgono di diventarlo: il discorso è sempre lo stesso, non è tanto l’oggetto, è la sua imposizione, epperò fermiamoci qui che come la pensiamo noi è noto e arcinoto e viene pure a noia continuare a ripeterlo a chi, evidentemente, non vuole capirlo.

Sono invece (e, intendiamoci, fanno benissimo) due parlamentari di Fratelli d’Italia, il senatore Marco Lisei e la deputata Sara Kelany, a sollevare la “questione Mamdouh” e, di conseguenza, a segnalarla. Lisei è bolognese, Kelany è di origini egiziane, per entrambi si tratta di «una minaccia diretta ai valori costituzionali, alla nostra cultura e identità». Per questo condannano «con fermezza questo linguaggio fondamentalista che nulla ha a che fare con l’integrazione (giusto, ndr), ma che al contrario fomenta una radicalizzazione religiosa incompatibile con i principi democratici, di liberà e di uguaglianza (giustissimo, ndr)».

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E se è corretto ciò che sottolinea l’eurodeputata leghista ed ex sindaco di Monfalcone Anna Maria Cisint, ossia che «siamo di fronte a un preoccupante dilagare di predicazioni che diffondono odio verso l’Occidente» (al plurale perché non c’è mica solo la vicenda di Bologna), per Lisei e Kelany non è nemmeno un caso che l’avvicendamento Khan - Mamdouh sia avvenuto proprio nella «città gestita dalla sinistra ideologica che ha consentito la prolificazione di questi centri culturali che spesso nascondono realtà in cui si cova il fondamentalismo islamico e che predica un’accoglienza indiscriminata nel nome di un multiculturalismo che accetta tutto». Spesso senza nemmeno capire che cosa.

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