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Governo, 10 tasse in 4 mesi: dall'Imu all'Irap, tutti i record di Renzi

Giulio Bucchi
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Sabato il premier Matteo Renzi ha annunciato (non è la prima volta) per il prossimo anno l'entrata in vigore del quoziente familiare. In poche parole, più figli meno tasse. In realtà, dal 17 febbraio a oggi, includendo l'aumento del 12% del bollo auto (che non è ancora definitivo) le tasse e i balzelli adottati o imposti dal governo Renzi sono dieci. Non sempre sono facili da individuare nascosti, come sono, nel grande mare del marketing governativo. Degli annunci di riforme e di continue ricerche di coperture. Basti pensare che il solo quoziente familiare poer entrare in vigore richiederebbe 20 miliardi di euro. Eppure gli aumenti ci sono e pesano nelle tasche dei cittadini e nei bilanci delle aziende. Queste ultime costrette, anche con questo governo, a fare i conti con norme retroattive come nella migliore tradizione dell'ex ministro Vincenzo Visco e pure di Giulio Tremonti. Marketing - Per il resto, il modello Renzi prevede in generale l'annuncio di sgravi o tagli bilanciati da un ritocco su un altro capitolo fiscale. A fine febbraio, una decina di giorni dopo l' insediamento, scatta la famigerata Imu per le seconde case. Nel complesso è più alta rispetto all'Ici. Per alcune categorie, ad esempio gli immobili storici comprese prime case, il rialzo arriva fino al 700%. Poco dopo, viene affrontato il decreto Salva Roma e qui si vede bene l'effetto coperta corta. Tagliando da un lato, si compensa dall'altro. Così il cosiddetto patto dei sindaci si trova d'accordo nell'aumentare la Tasi dello 0,8 per mille. Col risultato finale, come riporta uno studio della Uil, che quasi il 53% delle famiglie domani versando l'F24 si troverà a pagare di più di quanto ha speso lo scorso anno. A marzo arriva di fatto la terza tassa. Tocca alle rendite finanziarie. Sale il prelievo dal 20 al 26%. Sarebbe più corretto definirla sul risparmio. Visto che riguarda anche i conti correnti e gli altri portafogli (tranne i Bot) e di fatto porta le imposte e le tasse complessive sul denaro investito al 35% medio. Con punte superiori al 40%. Ad aprile, Renzi raddoppia l'imposta sostitutiva sulla rivalutazione delle quote Bankitalia. Spetta alle banche e non ai cittadini. Ieri il presidente Abi Antonio Patuelli ha lanciato un appello per abbassare le tasse. Appelli che spesso finiscono nel dimenticatoio e non trovano, in genere, la giusta attenzione da parte dei contribuenti italiani abituati a vedere con cattivo occhio gli istituti bancari. Eppure, come per tutte le aziende, alzare le tasse sugli sportelli finisce sempre con il pesare sui clienti finali. Ovvero i cittadini. La settimana dopo vengono tagliate le detrazioni Irpef sopra i 55mila euro e al tempo stesso viene impedito alle aziende di rateizzare le rivalutazioni dei beni e degli asset, nonostante a bilancio fossero già state spalmate come prevedeva la legge. Questa sull'Irpef non è certo un aumento di tassa, ma se si tagliano le detrazioni cresce la base imponibile. E in molti pagano di più. Così si arriva a marzo con la sesta tassa. Ovvero l'aumento delle accise sulla benzina. Pochi milioni per finanziare l'Expo. A maggio raddoppiano le tasse sui passaporti. E siamo a sette. All'indomani delle elezioni Europee scatta l'ottava. Aumenta la trattenuta che i fondi pensione versano allo Stato sui rendimenti maturati. Passa dall'11 all'11,5%. Coperta corta - Infine, sull'Irap, che si paga oggi, il gioco delle tre carte raggiunge l'apice. È la fine di febbraio e il premier va in visita a Treviso. Di fronte alla platea delle aziende del Nord Est promette il taglio del 10% dell'imposta regionale che serve a finanziare la sanità. Il costo della minore tassa si aggira sui 2,3 miliardi. Pochi giorni dopo arriva l'annuncio sulla copertura. L'imposta sulle rendite finanziarie passerà da maggio dal 20 al 26%, di cui abbiamo scritto sopra. Col passare delle settimane si comincia a capire che la coperta è destinata a rimanere la stessa, nonostante il maggiore gettito sulle rendite finanziarie. Se da un lato si riduce l'aliquota ordinaria dall'altro si gioca sulla componente straordinaria. La legge del 2001 consente che l'aliquota ordinaria del 3,90% possa essere variata di un punto, in più o in meno. Fino al decreto dello scorso aprile le Regioni potevano abbassare l'aliquota sino al 2,90% (quelle a statuto speciale anche di più) e potevano alzarla sino al 4,90%. Dopo aprile il tetto dell'aliquota ordinaria è passato in molte Regioni al 3,50% e l'articolo 2 stabilisce nel suo ultimo comma che le variazioni in più e in meno di un punto dovranno diminuire della stessa percentuale di cui viene diminuita l'aliquota ordinaria. In molte città alla fine le percentuali non solo sono rimaste invariate, ma è stata anche ampliata la platea di imprese a cui toccano le aliquote più alte. In Toscana, giusto per fare un esempio vicino a Renzi, nel 2013 l'aliquota del 4,82% (contro il 3,9 dell'ordinaria) spettava a cinque categoria d'impresa. Da oggi tocca ben 59 categorie. Più o meno la stessa cosa per l'aliquota al 5,12. In Liguria l'aliquota del 4,82% spettava a quattro categorie nel 2013, adesso a diciassette. In Abruzzo invece c'è stato un aumento generalizzato dello 0,2%. Insomma, più Irap per le aziende. E possiamo considerarla la nona tassa. Se, infine, aumenta il bollo auto siamo a dieci tonde in quattro mesi. di Claudio Antonelli

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